Stefano Buttafuoco, la malattia del figlio del giornalista Rai: «Non ci sono soldi per cercare una cura. Non posso indebitarmi all'infinito»
Stefano Buttafuoco, la malattia del figlio del giornalista Rai: «Non ci sono soldi per cercare una cura. Non posso indebitarmi all'infinito»
Stefano Buttafuoco è un giornalista della Rai, noto per il suo impegno e la sua dedizione nel raccontare storie di vita reale. Il giornalista parla della lotta disperata della sua famiglia nell'affrontare la malattia del figlio minore, Brando. Il bambino è affetto da una malattia talmente rara da non avere neanche un nome specifico, nota solo come mutazione del gene Camk2b, che provoca gravi problemi al cervello e un significativo ritardo intellettivo.
La diagnosi
«All’etàdi 2 anni, quando abbiamo ricevuto la diagnosi, Brando era il bambino numero 23 al mondo ad avere questa mutazione», racconta Buttafuoco, che ha condiviso la storia della sua famiglia nel libro "Il bambino 23, la storia e i sogni di Brando". Oggi Brando ha 6 anni, e nel frattempo sono stati diagnosticati altri 200 casi nel mondo, di cui solo 2 in Italia. Tuttavia, la malattia rimane poco conosciuta e la ricerca scientifica su di essa è ancora agli inizi. Nel tentativo di trovare una speranza, Buttafuoco e sua moglie, Alessia Ioli, hanno fondato l’associazione Unici per raccogliere fondi e partecipare a un bando di Telethon chiamato Seed Grant, che consente di finanziare progetti di ricerca per le malattie più rare. «Abbiamo raccolto 50mila euro tra i nostri risparmi e le donazioni ricevute», spiega Buttafuoco a Repubblica.
La ricerca
Grazie ai fondi raccolti, un gruppo di ricerca dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma ha iniziato a studiare la mutazione di Camk2b. Tuttavia, un anno di ricerca è un tempo molto breve per ottenere risultati concreti. «Gli scienziati hanno trasformato le cellule staminali di Brando in neuroni per capire quale difetto impediva loro di funzionare correttamente, ma non hanno avuto il tempo di sviluppare una cura», spiega Buttafuoco. Purtroppo, il comitato scientifico di Telethon ha deciso di non rifinanziare il progetto, ritenendolo ancora immaturo. Di fronte alla domanda di Buttafuoco – «cos’altro posso fare, non certo indebitarmi all’infinito» – la risposta è stata di aspettare futuri bandi di Telethon o di altre organizzazioni. «Ci sono situazioni in cui la scienza la risposta non ce l’ha. È tanto semplice da dire quanto duro da accettare», riflette Francesca Pasinelli, consigliere delegato di Telethon.
I fondi
«Ci è caduto il mondo addosso», si sfoga Buttafuoco. «Ci siamo sentiti soli. Per continuare la ricerca e il lavoro fatto fin qui dovremmo mettere di nuovo la mano al portafogli. Ma per una famiglia che deve giàaffrontare una malattia grave del figlio, sobbarcarsi anche la spesa della ricerca è impossibile». Brando e la sua famiglia sono ora seguiti da un team di professionisti, ma la loro strada è ancora lunga e incerta. «Trovare una terapia per una malattia rara, ma anche per quelle comuni, richiede parecchi anni o addirittura decenni», spiega Pasinelli. Le famiglie che per prime si impegnano nella ricerca di una terapia per una malattia rara spesso non vedranno mai i benefici del loro impegno. Progetti simili a quello di Brando, come quelli per la sindrome di Glut1 e la sindrome di Sanfilippo, hanno ricevuto ulteriori finanziamenti e potrebbero portare a progressi significativi. L’associazione Unici spera di ottenere nuovi finanziamenti in futuro, ma nel frattempo la famiglia Buttafuoco deve affrontare una lunga e dolorosa attesa. «Abbiamo gettato a nostre spese i semi della ricerca. E per raccogliere cosa? Noi non abbiamo neanche il tempo per aspettare. Abbiamo giàuna vita abbastanza difficile. Interrompere un progetto di ricerca così è troppo doloroso per una famiglia e per le sue speranze», conclude Buttafuoco.