Achille Lauro: «Mi hanno fatto sentire una nullità, adesso nessuno può ingabbiarmi. A X Factor cerco artisti che mi coinvolgano»
Achille Lauro: «Mi hanno fatto sentire una nullità, adesso nessuno può ingabbiarmi. A X Factor cerco artisti che mi coinvolgano»
Achille Lauro ha viaggiato molto. Tanto in America. E «l’America -racconta a La Repubblica - mi ha aiutato a capire come sono diventato quello di oggi. Il fatto è che nessuno riesce a ingabbiarmi, voglio sabotare la mia carriera». Parole forti. Forti e chiare come è lui.
X Factor
E così promette di essere anche come giudice a X Factor. «Cercherò di portare i miei valori nel programma. Tanti vogliono solo diventare famosi, ma io amo la musica e mi interessa trovare artisti anarchici, ascoltare qualcosa che mi travolga. Non colpevolizzo nessuno e niente ma a volte c’è della musica terrificante che è frutto di calcolo. Per il resto è giusto essere rigidi, onesti, e poi dico sempre che bisogna imparare a fallire. Come giudice, non devo mortificare nessuno, con i ragazzi più autoironici si può provare a sdrammatizzare».
Forse proprio come ha fatto lui con i quadri viventi a Sanremo. «A un certo punto avevo pensato: ma chi me lo fa fare? Ma non mi pento, anzi».
La musica
Poi la sua musica. Quello di oggi ma anche quella di ieri ma sempre senza pentimento, come con il pezzo Mille che oggi sembra essere molto distante dal suo percorso. «Non ero convinto. Quando ho sentito il ritornello cantato da Orietta Berti ho capito che era un’immersione negli anni 60. È stato un esperimento di intrattenimento, ha avuto un successo spaventoso. E poi, ripeto, mi piace l’idea di non essere incasellabile». A La Repubblica racconta anche la sua trasformazione. «Sono cresciuto in un ambiente in cui la cultura non è contemplata. Quando vivi nel trauma tendi a normalizzare tutto, ma poi sono diventato allergico a certi modi, mi sono sentito una nullità. Questo mi ha acceso la curiosità, ho imparato a imparare dagli altri. La cosa più spaventosa era pensare di diventare una persona senza un posto nel mondo, senza una base».
E per questo «ringrazio però di aver conosciuto quella faccia, a Roma c’è poesia ovunque, anche nella disillusione. È molto pasoliniana. Il fatto di aver messo insieme tanti generi e storie mi ha permesso di non avere ascoltatori casuali»
E a proposito di Roma: «Gli devo tutto. Lontano mi sono sentito solo, e riuscivo a trasformare in musica certi vuoti». Come si vede tra dieci anni? «Libero e pronto a gettarmi nel mondo senza rete. A gettarmi nel vuoto. Non voglio cadere nella trappola di pensare che il successo sia felicità. I miei obiettivi, almeno quelli, sono infiniti».