Bologna, 16 febbraio 2024 – Il suicidio assistito continua a spaccare l’Emilia-Romagna. Dopo il blitz del governatore Stefano Bonaccini che con una delibera della Giunta ha creato prima un Comitato regionale per la bioetica (ritenuto illegito dal Comitato di Bioetica nazionale) e poi disegnato l’iter per arrivare in 42 giorni alla morte, arriva l’affondo dei medici palliativisti dell’Emilia Romagna. Non politico, ovviamente.
Ci sono le leggi, c’è la famosa sentenza della Corte Costituzionale, ci sono mille aspetti di competenza altrui: il loro vuole essere un intervento esclusivamente tecnico. Tutto nasce dall’intervista rilasciata ieri al Carlino della presidentessa del neonato Comitato Etico regionale, Ludovica De Panfilis, “ll nostro Comitato potrebbe suggerire dove effettuare la procedura per garantire il massimo confort al paziente: il proprio domicilio, un hospice o l’ospedale” aveva detto De Panfilis.
Quattro medici palliativisti firmatari del documento. In senso orario, dall’alto: Marco Maltoni, Loretta Gulmini, Luigi Montanari e Danila Valenti
Fine vita in Emilia Romagna, perché se ne parla e quali sono le novità
Cosa dicono i medici
I medici palliativisti non ci stanno (ecco il loro documento in esclusiva). In sostanza dicono: le cure palliative sono un’altra cosa rispetto al suicidio assistito, gli hospice anche. I firmatari rappresentano il Ghota delle cure palliative in regione, i responsabili degli hospice da Piacenza a Cattolica (alcuni sono accorpati).
Proviamo ad andare con ordine, perché argomento e confini della questione sono complicati.
Le cure palliative: cosa sono
Cosa sono le cure palliative, ad esempio? Palliativo deriva dalla parola latina pallium, che significa mantello, protezione. O se volete: ‘prendersi cura di’.
Ancora meglio: con le cure palliative si vuole rendere il percorso di fine vita di una persona (tutti si nasce, tutti si muore) il più dignitoso possibile e comunque il meno doloroso possibile. Le cure palliative possono portare nella fase finale anche alla sedazione, certo: vengono somministrate negli ospedali, a casa, nelle residenze per anziani o negli hospice, hospice nati alla fine degli anni Sessanta grazie alla geniale invenzione di una santa donna inglese, Cicely Saunders.
Gli hospice
Sono i luoghi dove si va principalmente per finire i propri giorni terreni, sì, ma un motto di queste strutture è dare ‘vita ai giorni’. Oggi in Italia gli hospice sono oltre 300, in Emilia-Romagna 23 per circa 300 posti letto. I numeri dell’Emilia Romagna sono accettabili, appena sotto lo standard nazionale richiesto degli otto posti letto ogni 100mila abitanti (ma c’è anche chi va molto peggio). Va migliorata l’assistenza domiciliare.
Tornando a monte, le cure palliative non sono il completamento di una eventuale richiesta di suicidio assistito, ma in qualche modo l’esatto opposto. Anzi, come viene spiegato nel documento dei palliativisti, recenti ricerche hanno dimostrato che, nei luoghi dove le cure palliative sono ben strutturate, le richieste di suicidio assistito calano anche di dieci volte. Due dati per capirci: in Italia la morfina è utilizzata al 50% rispetto alla Germania e nel nostro Paese solo il 36% dei malati di cancro accede alle cure palliative.
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