Il centrodestra fa autocritica dopo la sconfitta in Sardegna

il centrodestra fa autocritica dopo la sconfitta in sardegna

Il centrodestra fa autocritica dopo la sconfitta in Sardegna

AGI –  “Abbiamo regalato queste elezioni”, dice un esponente sardo di FI. “Il criterio dei rapporti di forza non ha pagato”, osserva il numero due della Lega Crippa, che nega ipotesi di voto disgiunto da parte del suo partito. Nel day after del successo di Alessandra Todde in Sardegna il centrodestra fa autocritica. “Rimane una sconfitta sulla quale ragioneremo insieme per valutare i possibili errori commessi. Continueremo a lavorare imparando dalle nostre sconfitte come dalle nostre vittorie”, mettono nero su bianco i leader. È vero che nella nota diramata si rimarca come non ci sia stato un calo di consensi, anzi. Ma la sconfitta di Truzzu (“È colpa mia”, riconosce) brucia.

Un campanello d’allarme

Raccontano in Fdi che il presidente del Consiglio abbia definito il voto un campanello d’allarme. E che abbia ammesso di aver valutato male la minor forza attrattiva a Cagliari del sindaco uscente rispetto al candidato del centrosinistra. “Quando si vince, si vince tutti insieme. Quando si perde, si perde tutti insieme. Quando cambi un candidato in corsa è più complicato”, dice Salvini, “a Cagliari ha vinto abbondantemente il centrosinistra e su questo bisognerà fare una riflessione”. “Non si è vinto, ne terremo conto, ma questo non ha alcun effetto sulla tenuta del governo”, dice Tajani.

 

La tesi comunque è che l’alleanza rispetto alle Politiche ha aumentato i suoi voti. E che non ci saranno ripercussioni sulle prossime elezioni, a partire dall’Abruzzo. Nel gruppo dirigente sardo di FdI in molti fanno ‘mea culpa’. “Siamo dispiaciuti di aver dato una delusione al presidente del Consiglio”, il ‘refrain’. “Touché alla Todde che ha fatto una bella campagna elettorale. Queste elezioni sono un fatto locale. Ci vediamo l’11 giugno”, dà appuntamento il capogruppo Foti alludendo alle Europee (tra i ‘big’ di Fdi c’è il convincimento che le elezioni in Sardegna possano dare ulteriore spinta a una discesa in campo della premier).

Paletti e sospetti

Si guarda alle prossime candidature, c’è chi teme l’onda lunga per il centrosinistra fino al Veneto (“L’importante è che non sbagliamo candidato”, afferma l’azzurro Tosi), ma su Marsilio c’è il convincimento che si andrà alla riconferma in Regione (ieri, tra l’altro, Salvini era in Abruzzo; “pagherà la linea della continuità”, afferma Crippa) e c’è da sciogliere il nodo della Basilicata. Bardi non si tocca, l’alt di Forza Italia e da FdI sembra arrivare una sponda quando fa notare che “il tempo conta in politica” e che occorre fare presto per trovare un accordo nella coalizione. Ma il partito di via Bellerio alza la posta e chiede criteri differenti nelle scelte, affinché non ci si basi “sul manuale Cencelli”.

 

Ieri c’è stato un tavolo dei rappresentanti degli enti locali per discutere delle candidature nelle città e dell’election day. Il tentativo in corso, secondo quanto si apprende, è accelerare per le intese sui comuni (a Lecce verrà candidata Poli Bortone) e ufficializzare al più presto le candidature delle regioni dove si andrà al voto. Ovvero oltre l’Abruzzo, la Basilicata, il Piemonte e l’Umbria. In Basilicata dovrebbe essere confermato Bardi, in Piemonte ci sarà Cirio e nell’Umbria si va verso il via libera a Tesei. Ma si capirà nei prossimi giorni la portata dell’esito del voto sardo, potrebbero pesare i sospetti sulla Lega sul voto disgiunto e l’irritazione degli alleati per come si è arrivati alla candidatura di Truzzu.

Le conseguenze sugli altri dossier

Ripercussioni potrebbero esserci per i prossimi dossier sul tavolo, a partire dal tema delle nomine delle partecipate e delle riforme. Oggi in Commissione al Senato si comincerà a votare sul ddl Casellati, ma una nuova possibile riscrittura delle norme ci potrà essere solo alla fine del percorso. Resta in ballo il tema del terzo mandato dei governatori con la Lega che, oltre a puntare sul ddl presentato alla Camera, dovrebbe riproporre la questione in Aula a palazzo Madama. Gli ‘ex lumbard’ ritengono che sia imprescindibile un’apertura da parte degli alleati. Allo stesso tempo, si cercherebbe in Assemblea la convergenza di una parte dell’opposizione.

 

“Pensiamoci bene – dice il leghista Bitonci – perché quando hai delle persone come Zaia o Fedriga bisogna cercare di tenerle, non cercare di metterle da parte”. Il governo non ha ancora deciso se optare per la fiducia sul dl elezioni ma in ogni caso resta il no da parte di FdI e dei forzisti a modificare le regole sui mandati. Mentre oggi nella conferenza dei capigruppo alla Camera FI chiederà di calendarizzare entro marzo la separazione delle carriere direttamente in Aula, anche se in Commissione sono ancora in corso le audizioni. Un altro tema spinoso potrebbe essere il dl Pnrr che partirà molto probabilmente dal Senato: la Lega potrebbe chiedere, anche alla luce dei contrasti ieri in Cdm tra Salvini e il ministro Fitto, delle modifiche sugli interventi di spesa.

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