Vladimir Putin spaventa soltanto i già impauriti

vladimir putin spaventa soltanto i già impauriti

Vladimir Putin spaventa soltanto i già impauriti

Aveva pienamente ragione Giuliano Ferrara, sul Foglio, scrivendo della follia di Vladimir Putin, di cui indicava i sintomi più evidenti e sotto gli occhi di tutti. E la vicenda della strage alla Crocus City Hall è un buon innesco per una nuova serie di dichiarazioni e azioni connotate dal tono minaccioso e ultimativo, oltre che dall’attribuzione, smaccatamente propagandistica, di una responsabilità ucraina, americana e britannica nell’operazione condotta da terroristi islamici e rivendicata dall’Isis-K.

Colpire nelle basi Nato i jet  F16 usati contro la Russia

L’ultima uscita del tiranno moscovita è della tarda serata tra mercoledì 27 e giovedì 28. Parlando ai piloti russi, Putin ha annunciato che «gli aerei da guerra F-16 che fossero utilizzati dall’Ucraina contro la Russia sarebbero colpiti dalle forze di Mosca anche se si trovassero in aeroporti Nato». Il che potrebbe costituire un esempio di «strategic ambiguity» come le due dichiarazioni di Emmanuel Macron, subito disinnescate dai suoi dissennati alleati, mentre questa di Putin ha sostanza ben diversa. La «strategic ambiguity» nelle relazioni internazionali, da che mondo è mondo, è una politica di ambiguità deliberata (nota anche come politica di ambiguità strategica o di incertezza strategica) messa in atto da un governo o da un soggetto non governativo per lasciarsi le mani libere tra le diverse opzioni disponibili. In questo caso, Vladimir Putin ha una sinistra credibilità (conquistata con migliaia di caduti in guerra e decine di assassinati) maggiore di Emmanuel Macron e assomma su di sé il complesso di mutevoli posizioni assunte rispetto alla strage del 22 marzo 2024.

Qualche giorno per riaffermare la responsabilità di Kiev 

Il primo problema che s’è trovato di fronte il Cremlino, per la strage, è stato rappresentato dalla circolazione delle notizie via social. La sua iniziale assunzione di una responsabilità assoluta di Kiev è stata poi corretta perché insostenibile alla luce delle affermazioni dell’Isis-K e della documentazione fotografica da essa messa a disposizione. Ci sono voluti alcuni giorni perché, esercitando il solito controllo assoluto sull’informazione, Putin riuscisse a riaffermare la responsabilità di Kiev, cui ha aggiunto Washington e Londra e, da ultimo, la Cia.

Dai governi europei piani comuni contro la crisi

Gideon Rachman, il giornalista britannico di origine polacca che è forse il più acuto osservatore in circolazione, afferma che il vero cruciale problema è che le nazioni dell’Unione europea non percepiscono e non introiettano la gravità del quadro internazionale. Le opinioni pubbliche europee sono anestetizzate da 79 anni di pace sostanziale e non vengono richiamate alla realtà dai loro governi. Un atteggiamento irresponsabile sotto due profili: il primo è che non recependo la situazione, questi governi non adottano coerenti misure preventive, cioè non riarmano e non formulano piani comuni per la gestione della crisi; il secondo è ancora più devastante, visto che offre al nuovo Hitler la sicurezza di una impreparazione soprattutto morale dei paesi europei e quindi lo invoglia a procedere con la sua politica di aggressioni.

Putin coinvolgerà gli Stati confinanti con Mosca

Putin sa di avere a disposizione solo due anni, non di più, per vincere in Ucraina. Quindi, potrebbe assumere un assetto attendista rispetto all’esito delle elezioni americane, dopo le quali tenterebbe di vibrare il colpo mortale a Kiev. Ma è evidente che sarà ben difficile per lui smentire se stesso e le proprie minacce non coinvolgendo nella mischia Polonia, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania. Con le conseguenze che è facile immaginare.

C’è un elemento oggettivo che imprigiona Vladimir Putin al ruolo che si è dato: un sistema socio-politico che è altrettanto se non più bellicoso di lui e una opinione pubblica che, non potendo distinguere tra verità e bugie, può solo credere alla verità di stato, quella che gli viene fornita come una quotidiana dose di tossine. Di sicuro, anche in Russia c’è chi sa e dissente. Ma non ha alcuna possibilità di manifestarsi e di contare. Ed è da considerare il fatto che una eventuale estromissione di Putin può avvenire solo dopo una eclatante sconfitta a opera di estremisti più estremisti di lui. Correttamente il presidente Joe Biden conferma l’impegno Usa per la difesa dell’Europa. E ciò a dispetto del fatto che l’Europa ha assunto la fisionomia dell’agnello sacrificale, campo di battaglia dello scontro tra Russia e Nato se ci sarà, convenzionale o nucleare.

La responsabilità di Francia, Germania, Italia e Spagna

Di questo i governanti delle nazioni europee più rilevanti (in ordine alfabetico Francia, Germania, Italia, Spagna) portano la esplicita imperdonabile responsabilità. Non può essere sottaciuto, peraltro, il sospetto che avevamo cautamente esposto subito dopo l’attacco a Mosca:

questa della Crocus Cyty Hall

è un’operazione perfetta per le capacità operative dello Fsb (exKGB) e seguirebbe una lunga storia di attacchi effettuati al solo scopo di giustificare una reazione da tempo pianificata. Mentre nessuno degli accusati (Ucraina, Stati Uniti, Regno Unito) aveva alcun interesse a fornire a Putin il destro di annunciare una devastante «escalation» (fors’anche nucleare), il despota del Cremlino aveva varie ragioni per puntare a una mobilitazione popolare per un fatto grave e sanguinoso come l’attacco del 22 marzo: lo stallo in essere al fronte prima di tutto e l’assenza di prospettive belliche a breve in assenza dell’«escalation» di cui stiamo dicendo.

L’attacco al Teatro di Mosca conveniva soltanto a Putin

Per questo motivo, l’antico e mai dismesso «cui prodest?» (a chi giova?), insistiamo sull’«operazione domestica», l’unica che può dare una risposta razionale al complesso di buchi e di inefficienze che hanno accompagnato l’attacco, prima (dalla sottovalutazione degli avvisi Usa alla mancata attivazione dello stato di emergenza) e dopo con una fuga che si arresta nelle vicinanze del confine ucraino.

Di fronte alla complessità della risposta del Regno Unito all’attacco argentino alle Falkland, Margaret Tatcher ebbe a dire: «Quando sei in guerra non puoi permettere che le difficoltà dominino il tuo pensiero.» Anche se non siamo ancora in guerra, dovrebbe essere questo l’atteggiamento di governi impegnati a tutelare i propri cittadini. Non a lasciarli esposti alle sanguinose avventure di un tiranno.

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