Ferragni e il «rapimento digitale» del figlio: l’account non è creato da lei. La psicoterapeuta: «Rischio altissimo»

«Un rapimento digitale», così lo definisce la psicoterapeuta Emilia Sannini. È quello del figlio dei Ferragnez. Su Instagram è presente un account che porta il suo nome e ha più di 100mila follower. Ma probabilmente lui non ne sa nulla. E neanche i suoi genitori. «Non risulta che ne siano a conoscenza», fanno sapere dall’entourage dell’influencer. Leone, questo il nome del primogenito di Chiara Ferragni e Fedez, è nato il 19 marzo del 2018. E a soli 6 anni è già un influencer senza aver compiuto nulla per diventarlo.

ferragni e il «rapimento digitale» del figlio: l’account non è creato da lei. la psicoterapeuta: «rischio altissimo»

La psicoterapeuta Emilia Sannini

 

Chi ha creato l’account

A creare l’account i fan. Così è indicato nella bio del profilo. «Il posto migliore per gli aggiornamenti quotidiani». In tutto sono stati pubblicati oltre 3600 post. Quindi 600 all’anno, circa 2 al giorno. Una quantità enorme. Una marea alimentata dalle foto e stories pubblicate dai genitori sui social. Come si può notare nel profilo, sono state “rubate” tutte le immagini (anche quelle che durano 24 ore) del bambino. E pensare che proprio lo stesso rapper, dopo l’annuncio della separazione con la moglie, ha detto ai cronisti che non voleva parlare per tutelare i propri figli.

A quando risale l’ultimo aggiornamento dell’account? Al febbraio del 2022. Le interazioni, però, sono recenti. E spesso, purtroppo, sono anche insulti relativi alla vicenda del pandoro che ha coinvolto la madre. Nella descrizione dell’account, poi, c’è un altro elemento che risalta.

 

La raccolta fondi

Quasi 5 milioni di euro raccolti. Sono quelli ottenuti dai Ferragnez con le donazioni per la campagna “Coronavirus, rafforziamo la terapia intensiva”. La coppia ha utilizzato la piattaforma gofundme. Ora l’invio del denaro è stato disattivato, ma sul profilo Instagram del figlio dei Ferragez c’è ancora il link. Un modo, senza ombra di dubbio, per aumentare il ricavato. E anche meritevole. Peccato che la Ferragni e Fedez non ne sapesse nulla. Che siano stati i fan che gestiscono l’account a manovrare tutto?

 

I divieti

L’età minima per poter utilizzare Instagram è di 13 anni. Così è indicato chiaramente sulla pagina ufficiale del social network. Ma non sempre (e questo è il caso) si riesce a far rispettare questo limite. Diversi sono gli escamotage per aggirare il divieto. Uno dei “trucchi” è quello di creare un profilo di una persona maggiorenne, ma poi cambiare repentinamente tutti i contenuti. «Per rispondere a questa sfida, stiamo sviluppando nuove tecnologie di intelligenza artificiale e apprendimento automatico che possano aiutarci a garantire la sicurezza degli adolescenti e ad applicare nuove funzioni appropriate per l’età», si legge ancora nella policy. Ma finora sono stati fatti pochi passi avanti. C’è poi la possibilità per gli altri utenti di segnalare gli account che violano queste norme. Quello di Leone, però, è ancora attivo anche se non utilizzato da tempo.

 

Come stanno cambiando i genitori?

«Lo shareting, ovvero la condivisione online costante e spesso ossessiva da parte dei genitori di contenuti come foto, video o storie che riguardano i propri figli rappresenta un nuovo modo di raccontare: il proprio figlio, la propria famiglia, e il modo stesso di essere genitore». Così sottolinea la psicoterapeuta Sannini. «In poco tempo siamo passati così dall’album di famiglia alla condivisione postata, organizzata, fedele, progressiva. Dalle prime ecografie accompagna la crescita nelle diverse sue fasi di sviluppo».

 

Rischi?

«Prima di parlare dei rischi soffermerei l’attenzione sul fatto che l’immagine, quando viene pubblicata, è un atto immediato, impulsivo. Sarebbe bello chiedersi: vale davvero la pena pubblicare questa immagine? Questa foto potrebbe rappresentare un pericolo una minaccia o semplicemente un disagio in futuro? Cosa mi aspetto da questo post e perché proprio questa foto? Bisogna riflettere e magari chiedere al proprio figlio se gli piacerebbe che fosse pubblicata la foto – spiega la psicoterapeuta -. Perché il protagonista della storia non può diventare comparsa. Va comunque tutelala l’immagine e rispettata la privacy dei più piccoli. Dai 5 anni i bambini hanno già una idea ben precisa su ciò che a loro piace. Non bisogna sostituirsi all’identità del figli».

 

Cos’è il rapimento digitale?

«Avviene quando il materiale fotografico del minore è utilizzato per creare una nuova identità con dati anagrafici e false informazioni. Il soggetto viene inserito in un nuovo contesto, prende una nuova vita virtuale tramite falsi profili, giochi di ruolo, etc. Spesso avviene anche per vantaggi economici e pedo pornografia. Questo è il rapimento digitale ed è un rischio altissimo».

 

Quando l’immagine è un desiderio del genitore e non del figlio?

«Spesso l’immagine postata è il più delle volte un desiderio o bisogno del genitore e non del bambino. Esempi? Quando si ritrae il proprio figlio in situazioni “divertenti“ per l’adulto: come nel caso in cui il piccolo si sporca con la “pappa”, piange perché il fratello maggiore esce con gli amici, mangia in maniera goffa, e così via. Queste condizioni rappresentano per il bambino spesso un momento di stress, di disagio, frustrazione o di richiesta di attenzione. Paradossalmente, in queste situazioni il genitore si pone non solo privo di empatia, ma anche poco corretto. La ricerca del like non può organizzare la nostra identità».

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