"La verità sta sottoterra. Troppi depistaggi su Emanuela Orlandi"

“Che fine ha fatto Emanuela?”. È questo il sottotitolo de “La ragazza del Vaticano”, il nuovo romanzo scritto a quattro mani da Massimo Lugli e Antonio Del Greco, che presenta, in una Roma anni ’80, in cui fatti e nomi sono stati alterati, alcuni punti di contatto con la reale scomparsa di Emanuela Orlandi. C’è la Banda della Magliana, c’è l’Amerikano, c’è la cassetta con quello che alcuni è apparso l’audio di un film hard. Ma naturalmente, trattandosi di un romanzo, gli esiti della narrazione sono fantasiosi, e soprattutto, rispetto a quanto accade nella realtà la vicenda ha un finale. “‘La verità sta sottoterra’, come abbiamo concluso nel libro. La verità sta sottoterra e ci rimarrà per sempre” commenta a IlGiornale.it il giornalista Lugli.

Lugli, come mai la scelta di scrivere un romanzo che contenga una narrazione in parte fedele e in gran parte molto fantasiosa sulla vicenda di Emanuela Orlandi?

“Da quando io e Antonio Del Greco abbiamo iniziato a collaborare circa 10 anni fa, avremmo voluto parlare in un romanzo della storia di Emanuela Orlandi, avendola trattata io da giornalista e Antonio come investigatore della squadra mobile. Questa storia però è sempre molto intricata. E inoltre entrambi abbiamo un’idea che non collima con quella che molti hanno su questa storia, e quindi eravamo perplessi. Con il ritorno d’attualità – le due inchieste, quella del Vaticano e quella della procura di Roma – abbiamo deciso di romanzare al massimo la vicenda. Anche se…”.

Anche se?

“Un po’ la nostra idea, non sul chi ma sul come, è la stessa. Pensiamo a una vicenda piuttosto semplice di predazione sessuale, non crediamo ci sia mai stato un rapimento, ma purtroppo ci sarebbe stato un omicidio quasi subito, e poi un gigantesco giro di depistaggi che avrebbe coinvolto le organizzazioni criminali, i servizi segreti, fazioni vaticane, ma dopo. Il depistaggio non lo vediamo come causa, ma come effetto. Sono un sostenitore del rasoio di Occam, mezzo secolo di cronaca mi ha insegnato questo. Crediamo che il Vaticano non c’entri, ma che il delitto possa essere accaduto dentro le mura vaticane”.

In che senso?

“Nella serie Netflix Vatican Girl molto è campato in aria. Ma negli ultimi 20 minuti si vede una ex giovane del tempo che, piangendo, racconta che Emanuela sarebbe stata avvicinata e infastidita nel giardino del Vaticano da qualcuno vicino al papa. Quei 20 minuti, secondo me, dicono quello che potrebbe essere successo a Emanuela”.

Ragionando per ipotesi, cosa ne pensa del presunto ruolo, ventilato di tanto in tanto, della Banda della Magliana nel rapimento?

“A mio parere è un depistaggio. Nel libro noi diamo un’eventualità: Enrico De Pedis, che noi chiamiamo Enrichetto, potrebbe essere stato coinvolto nella sparizione del cadavere, ma non la Magliana come organizzazione”.

Nel libro, si accenna a dettagli realmente accaduti, come l’appello del papa e la richiesta di liberazione per Mehmet Ali Agca. Sono elementi che fanno parte del clima di quegli anni?

“La richiesta di liberazione fu un depistaggio: il Fronte Turkesh non è mai esistito e la liberazione fu chiesta dall’Amerikano, il personaggio che telefonò 16 volte e poi scomparve – avrebbe saputo qualcosa ma sicuramente era un depistatore. Per il resto, noi vogliamo raccontare il clima di quegli anni in generale: la politica, la camorra, ma anche l’indagine con tutti gli ostacoli e le false notizie, che sono state una costante. Non c’è stato un solo contatto sicuro con la famiglia Orlandi e quegli erano gli anni in cui il sequestro di persona veniva trattato come una routine consolidata”.

Analogamente agli altri vostri romanzi i nomi sono stati cambiati, a parte i personaggi che sembrano totalmente frutto di invenzione, come il Gatto e il Gufo. Chiaramente i Rinaldi sono gli Orlandi, Davy Crockett è l’Amerikano. Ce ne vuole dire altri?

“Sì, il Gatto e il Gufo sono personaggi di invenzione. Abbiamo cambiato il nome del papa, quello di Ali Agca, abbiamo cambiato De Pedis. In Alfonso Stellati riecheggia un po’ Antonio, sempre presente nei nostri romanzi, così come Marco Maggi è ispirato a me. O quanto meno ai poliziotti e ai giornalisti di quel periodo, scanzonati, molto vicini, sempre sul pezzo”.

Ogni parte del romanzo contiene una citazione sulla verità. Si giungerà mai alla verità sul caso Orlandi?

“Io e Antonio siamo sicuri di no. Quello che potrebbe essere trovato sono depistaggi, ma che si arrivi alla verità ne dubito fortemente, ma senza ricorrere alle teorie del complotto. Credo che la stessa famiglia Orlandi venga continuamente depistata. Queste sono però le nostre convinzioni, non la verità. ‘La verità sta sottoterra’, come abbiamo concluso nel libro. La verità sta sottoterra e ci rimarrà per sempre”.

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