Zuckerberg e RayBan, gli occhiali con le telecamere sono un pericolo? «Privacy e sicurezza a rischio» dopo il test
In queste ultime due settimane, il giornalista Brian X. Chen del New York Times ha vissuto con un paio di occhiali sul naso. Non un paio communi, ma un nuovo modello, con delle telecamerine ai lati della lente che permette di filmare tutto e tutti in qualsiasi momento, e di trasmetterlo live.
L’editorialista ha descritto in un lungo pezzo l’esperienza che ha avuto inndossando i nuovi occhiali smart, una collaborazione tra Meta e RayBan, con i quali ha catturato segretamente immagini e video di sconosciuti in parchi, treni, negozi e ristoranti. Un test tra la cronaca e la scienza che ha sollevato questioni significative sulla privacy, e non solo.
RayBan e Meta
Realizzati in collaborazione con RayBan, questi occhiali smart da 300 euro, concepiti dalla mente di Mark Zuckerberg, promettono di farci «vivere nel momento» condividendo tutto ciò che vediamo, in tempo reale, con il mondo. Una visione futuristica che ha l’ambizione di disfarsi degli schermi per farci buttare a capofitto nel mondo distopico del futuro.
Nonostante la loro forma minimale e alla moda, che si fonde perfettamente nella quotidianità, l’impiego costante degli occhiali ha suscitato nel reporter diverse preoccupazioni, tanto sulla concentrazione quanto sulla nostra capacità di rimanere nel presente. Le funzionalità hanno però causato al giornalista diversi problemi durante attività quotidiane come la guida o lo sport.
Gli occhiali che ti distraggono
«Il mio primo test con gli occhiali l’ho fatto indossandoli mentre facevo sport in palestra. Sono stato sorpreso di scoprire che la mia arrampicata, nel complesso, era peggiore del normale. Durante la registrazione di un tentativo di arrampicata, sono caduto. È stato particolarmente deludente perché avevo giàscalato, e completato, lo stesso percorso. Forse la pressione di registrare e trasmettere la salita mi ha fatto fare peggio. Tolti gli occhiali ho completato il percorso», ha scritto Chen.
Lo stesso effetto distrattivo, a cui si aggiunge un bagliore sfocato quando lo sguardo ricadeva sulle luci delle altre macchine o dei semafori, lo ha notato mentre guidava. Una sensazione che lo ha portato ad avere meno sicurezza mentre girava per la città, sia con la macchina che con lo scooter.
Un ulteriore problema, ha sottolineato il giornalista, è quello di non sapere quando effettivamente attivare la telecamera per registrare. Il fatto di avere a portata di occhio la possibilità di girare dei video, ti rende vittima di un complesso piscologico che oltre a non farti concentrare, ti fa sentire come se da un momento all’altro potresti perdere l’occasione di immortalare qualcosa. Una specie di Fomo (acronimo di fear of missing out, paira di perdersi qualcosa, una forma di ansia sociale caratterizzata dal desiderio di rimanere continuamente in contatto con le attività che fanno le altre persone, e dalla paura di essere esclusi da eventi, esperienze, o contesti sociali gratificanti) ma improntata sulla paura di perdersi il momento in cui riprendere una scena.
L’eterno dilemma della privacy
Se da un lato Meta assicura che la privacy è stata una priorità nella progettazione, il giornalista sottolinea come l’indicatore luminoso che segnala la registrazione non sia sufficientemente notato dagli altri. L’uso diffuso di tecnologie simili potrebbe facilmente ampliare il problema della sorveglianza di massa, aprendo la strada a un utilizzo indesiderato da parte di terzi.
«Gli occhiali Ray-Ban Meta – racconta Chen – mi hanno influenzato in strani modi. Mentre stavo per attraversare un vialetto nel mio quartiere, ho visto un’auto iniziare a fare retromarcia. La mia reazione immediata è stata quella di premere il pulsante di registrazione nel caso avessi bisogno di catturare l’autista che si comportava in modo irresponsabile. Ma lui ha proseguito adeguatamente e ho attraversato, sentendomi molto in imbarazzo».
Nonostante la capacità di catturare momenti intimi e unici della vita quotidiana, l’effetto complessivo degli occhiali smart Meta-RayBan sembra discutibile. La distrazione generata dalle costanti opportunità di registrazione e l’effetto luce da fari durante la guida ne offuscano l’utilità, e il timore per la privacy persiste. Resta da vedere se la popolarità di queste tecnologie continuerà a crescere, con la speranza che le futurre applicazioni rendano accettabili tali compromessi.
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