DAL NOSTRO INVIATO KHARKIV Vittoriosi sul mare, ma in difficoltà nella battaglia di terra per il controllo delle pianure del Donbass. Gli eventi bellici più recenti, al concludersi del secondo anno dell’invasione russa, mostrano con chiarezza i punti di forza e debolezza delle forze armate di Zelensky e le sfide che il suo stato maggiore completamente rinnovato negli ultimi giorni è chiamato ad affrontare.
La giornata di ieri si è aperta con l’ennesima buona notizia per le unità che operano con i droni marini sviluppati dalle industrie locali. Un loro blitz effettuato con i ben rodati Magurav 5, barchini che viaggiano velocissimi sul pelo dell’acqua, ha colpito e affondato la Caesar Kunikov, una nave da sbarco lunga 112,5 metri ideata per il sostegno agli sbarchi di fanterie e cingolati. Pare sia avvenuto al largo della località balneare di Alupka, di fronte alla Crimea nord-occidentale occupata dai russi nel 2014. Kiev diffonde i video del blitz, col drone che punta verso il centro dell’imbarcazione ben visibile nella notte stellata, quindi lo scoppio e la nuvola di fumo nero. C’è da credere che un gran numero dei suoi 87 membri dell’equipaggio sia stato ucciso. Mosca non commenta, si limita a dichiarare di avere abbattuto almeno 6 droni nemici.
La soddisfazione ucraina è palpabile. Il portavoce della marina militare, Dmytro Pletenchuk, ribadisce che oltre il 20 per cento della flotta russa del Mar Nero è stato affondato negli ultimi due anni. A suo dire, soltanto 5 delle 13 navi importanti restano operative. Un successo maturato con pazienza da una posizione che sembrava intenibile. L’attacco russo del 2014 aveva infatti portato allo smantellamento della piccola flotta ucraina: alcune unità si erano auto-affondate, altre erano state catturate. Putin era convinto di avere ormai il pieno controllo del Mar Nero, tanto che a fine febbraio 2022 stava predisponendo lo sbarco dei suoi Marines sul litorale di Odessa. Ma gli ucraini hanno subito reagito. I loro commando riprendono il controllo dell’Isola dei Serpenti, complicando così i progetti di sbarco. Il 24 marzo affondano la Saratov, una grossa unità destinata a sostenere gli sbarchi. Quindi la svolta: il 14 aprile i missili ucraini fanno esplodere la Moskva, l’ammiraglia di Putin nel Mar Nero, pare che siano morti tanti tra i suoi oltre 500 marinai. Da allora la flotta russa è stata sulla difensiva, gli ucraini l’hanno cacciata dai porti della Crimea, hanno colpito il suo quartier generale a Sebastopoli e oggi sono riusciti a riaprire autonomamente il corridoio del grano per i cargo commerciali.
Ma la situazione si sta facendo via via più impossibile per le fanterie ucraine asserragliate nella cittadina di Avdiivka, di fronte a Donetsk, nel Donbass. «La ritirata sembra inevitabile», ci dicono ufficiosamente fonti militari. Ieri hanno visitato il settore sia il capo delle forze armate, Oleksandr Syrsky, che il ministro della Difesa, Rustem Umerov, entrambi di fresca nomina. Syrsky ha quindi sottolineato la «gravità dello scenario, con i russi che continuano a premere». Sembra che la scelta di inviare truppe scelte sia finalizzata a coprire la ritirata di quelle sul posto. I bombardamenti russi hanno causato una decina di vittime civili nei villaggi attorno.
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