Il suicidio assistito
Un ricorso al Tar sul fine vita. Il governo si scaglia contro la Regione Emilia Romagna, che lo scorso febbraio ha dato attuazione al suicidio medicalmente assistito attraverso l’approvazione di due delibere di giunta. La presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Salute hanno depositato infatti il 12 aprile al Tar dell’Emilia-Romagna un ricorso contro la Regione – ovvero contro la direzione sanitaria Salute della persona – per chiedere l’annullamento delle due delibere.
Tra le motivazioni, riportate in oltre venti pagine di documento, ci sono «la carenza di potere dell’ente» sull’argomento e «la contraddittorietà e l’illogicità delle motivazioni introdotte nelle linee guida inviate alle aziende sanitarie».
Nei mesi scorsi erano state infatti spedite delle linee guida alle aziende sanitarie che stabilivano iter e tempistiche del fine vita, con un massimo di 42 giorni previsti dalla domanda del paziente alla eventuale esecuzione di procedura farmacologica. Tra gli elementi contestati nel ricorso c’è anche l’istituzione del Comitato regionale per l’etica nella clinica, il Corec, chiamato a esprimere parere – seppur non vincolante – sulle richieste dei pazienti.
La giunta di Stefano Bonaccini approvò quelle libere con l’obiettivo – secondo la Regione – di colmare il vuoto in materia del Parlamento e di mettere le aziende sanitarie nella condizione di garantire il diritto dei malati sancito da sentenza della Corte costituzionale.
A complicare i piani arriva però adesso questo ricorso, il secondo dopo uno analogo depositato a marzo insieme ad alcune associazioni dalla consigliera di Forza Italia, Valentina Castaldini («Sono molto contenta che con questo atto formale il governo confermi e rafforzi il lavoro di questi mesi – commenta la consigliera – l’esecutivo ha ritenuto che la strada del ricorso che ho aperto fosse quella corretta e che ci fossero tutti gli estremi per annullare le delibere, come ho sempre sostenuto», dice Castaldini).
Chiede una legge in parlamento la segretaria Pd Elly Schlein, che definisce l’atto del governo «un ricorso ideologico». «Bene l’Emilia-Romagna che attua la sentenza della Corte Costituzionale sul diritto importante a un fine vita dignitoso», aggiunge. Per Bonaccini, con questo atto del governo «si è passato il limite» e l’esecutivo «fa battaglia politica sulla pelle di pazienti che si trovano in condizioni drammatiche». Il governatore ricorda ancora «l’assenza ormai cronica di una legge nazionale».
Protesta anche l’Associazione Luca Coscioni. «Sostenere che non esiste alcun diritto per il cittadino né dovere in capo al Servizio sanitario nazionale – scrivono Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere – si scontra con l’evidenza di quanto già accaduto: le aziende sanitarie competenti di Marche e Friuli Venezia Giulia sono state in passato condannate per non avere dato seguito alla richiesta di aiuto medico alla morte volontaria».
In Italia sono 15 le Regioni che hanno avviato l’iter per dotarsi di una regolamentazione sul fine vita. La prima fu il Veneto, con la legge poi rinviata in Commissione per non aver ottenuto la maggioranza dei voti. Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Lombardia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana.
I consigli regionali di Piemonte e Friuli Venezia Giulia hanno sollevato la questione pregiudiziale bloccando il dibattito sul nascere. In Emilia Romagna, Abruzzo, Toscana e Lombardia si attende ancora la discussione. In Liguria la discussione è in corso. In Basilicata, Lazio e Valle d’Aosta la proposta di legge è stata invece depositata su iniziativa dei consiglieri regionali o dei Comuni. Proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche, Umbria e Calabria.
Sono quattro finora le persone che hanno ottenuto l’accesso alla morte volontaria assistita nel nostro Paese. Il primo fu Federico Carboni (giugno 2022), morto a Senigallia senza assistenza del Servizio sanitario nazionale dopo oltre 20 mesi di attesa e battaglie giudiziarie. Quindi Gloria (luglio 2023), morta in Veneto con un farmaco e un macchinario forniti dal Ssn. Poi Anna a Trieste (dicembre 2023), la prima assistita completamente dal Ssn. Infine qualche mese fa una persona a Piombino in applicazione della sentenza “Cappato-Dj Fabo”.
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