Cremlino di Mosca
Una versione smentita da Mosca, che l’ha definita “la madre di tutte le fake news”. Ma secondo l’agenzia americana – che di frequente ha riportato notizie da fonti riservate, rivelatesi in seguito veritiere – “alcuni stretti collaboratori avrebbero fatto presente a Putin che non esistono prove di un ruolo di Kiev nella strage”, ma il capo del Cremlino – continua Bloomberg – “è rimasto determinato ad usare la tragedia per cercare di compattare i russi nel sostegno alla guerra in Ucraina”. Le stesse fonti avrebbero rivelato che i vertici dello Stato sono rimasti “scioccati dal fallimento dei servizi di sicurezza nel prevenire l’attacco di venerdì”.
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La “Madre delle fake news”
Questa è “la madre di tutte le fake news”, ha risposto la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, secondo la quale “è un caso fortunato” che l’articolo di Bloomberg sia uscito nello stesso giorno in cui il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale Nikolai Patrushev e il direttore dei servizi di sicurezza (Fsb), Nikolai Bortnikov, “hanno parlato del coinvolgimento degli Usa, della Gran Bretagna e dell’Ucraina nel tragico evento al Crocus City Hall”.
La prova di colpevolezza degli Usa
Ieri la Zakharova ha ribadito quanto già affermato nei giorni scorsi sottolineando che il fatto che, “ancor prima che le fiamme fossero spente” al Crocus City Hall, gli Usa abbiano “cominciato a gridare che non era stata l’Ucraina”, può essere considerata “una prova di colpevolezza”.
143 morti accertati, ma diversi dispersi
Continua intanto negli obitori il mesto pellegrinaggio dei parenti delle vittime non ancora identificate alla ricerca di una conferma della morte dei propri cari. Il ministero per le Emergenze ha detto che è salito a 143 il numero dei morti accertati nella sparatoria e nell’incendio che ha distrutto la sala da concerti. Ma solo a 84 di loro è stato dato finora un nome, ha precisato il Comitato investigativo.
95 dispersi i cui nomi non compaiono nella lista ufficiale
Di questi, cinque sono minori, tra i 9 e i 16 anni di età. Secondo Baza, media vicino ai servizi di sicurezza, ci sarebbero però altri 95 dispersi, i cui nomi non compaiono nella lista ufficiale delle vittime ma di cui le famiglie non hanno più notizie dalla sera del 22 marzo. Se queste nuove cifre dovessero essere confermate, il bilancio complessivo della strage supererebbe i 230 morti.
I sabotaggi dei gasdotti Nord Stream
Il Comitato investigativo ha annunciato che, su richiesta di alcuni deputati e figure pubbliche autorevoli, avvierà un’inchiesta sul ruolo dei Paesi europei e degli Usa nell'”organizzazione, finanziamento ed esecuzione di atti terroristici contro la Russia”. Lo stesso ha detto la Procura generale, senza fare specificamente riferimento all’attacco di venerdì, ma sottolineando che le indagini riguarderanno tra l’altro un “atto di terrorismo internazionale, vale a dire il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, con “tracce che portano a persone e strutture negli Usa, Germania, Francia e Cipro”.
Le autorità russe cercano nel frattempo di disinnescare la possibile ostilità della popolazione verso i molti immigrati dalle ex repubbliche sovietiche asiatiche, dopo che si è saputo che i quattro arrestati con l’accusa di essere gli autori del massacro sono tagiki.
Patriarca: “Unità morale”
Il Patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa, ha accusato “i nemici” di avere cercato di fomentare divisioni etniche e religiose tra cristiani e musulmani. Ma ha assicurato che tali sforzi si infrangeranno contro “l’unità morale degli ortodossi cristiani e dei musulmani”. Gli immigrati tuttavia, ha avvertito Kirill, devono “rispettare le fondamenta culturali” russe.
L’Fsb e le forze del ministero dell’Interno hanno intanto fatto sapere di avere fermato nella regione di Rostov sul Don sei membri di una “organizzazione estremista” denominata Alla-Ayat, messa al bando in Russia, per avere fatto opera di reclutamento tra la popolazione locale. “L’attività criminale della cellula estremista era coordinata dall’estero”, hanno affermato le forze di sicurezza.
Putin, nel frattempo, è arrivato nella regione di Tver, nella Russia nord-occidentale, per il suo primo viaggio dopo le elezioni del 15-17 marzo.
Ed ha lanciato una minaccia diretta all’Occidente, riguardo la fornitura di caccia F-16 a Kiev, affermando che “L’eventuale fornitura di F-16 a Kiev non cambierà la situazione sul campo di battaglia”.
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E che la Russia, “li distruggerà”
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