Tutti i complotti su "Tuta Gold" di Mahmood

Ma alla fine che cos’è questa “tuta gold”, è proprio una tuta o qualcos’altro?

Andiamo con ordine: il brano Tuta Gold di Mahmood si posiziona sesto a Sanremo, contemporaneamente è una delle canzoni più ascoltate al mondo (ancora adesso nella Top 50 globale di Spotify). La presenza del cantante al Festival è più magnetica del solito, soprattutto perché vive un percorso parallelo rispetto agli altri. Per qualche motivo tutto quello che fa è percepito come misterioso e il suo pezzo rimane sospeso nella testa degli spettatori, non solo per le melodie e il ritmo accattivante, ma anche per le parole che usa. La domanda ricorrente che gli fanno è: “Ma che cos’è la Tuta Gold?”.

Tuta. Gold. Tuta Gold. Lo sentite? Qualcosa è nascosto in questi due suoni, almeno credo. Dal 6 al 10 febbraio Mahmood viene perseguitato da questa domanda e dopo un po’ gli effetti cominciano a vedersi. In giro si trovano mini compilation continuamente aggiornate di tutte le risposte che dà, ogni volta diverse, sempre più ironiche e surreali.

“Ma che significa Tuta Gold?”

“… perché parlo di una tuta che è gold, dorata”

“Tuta Gold cos’è nello specifico?”

“Non sai cosa sono le tute?”

“Sì…”

“È una tuta tutta gold”

“Poi ci spieghi anche il titolo Tuta Gold se si può?”

“Tuta Gold? La tuta… gold”

Infine l’ammissione estenuata ma gentile a Radio Kiss Kiss: “Con il mio cervello cerco di rispondere ogni volta in maniera diversa”. Intanto online le interpretazioni si ramificano. Una di quelle più contorte si intreccia con un episodio di cui si è parlato molto sui social, ovvero quando, per una frazione di secondo, Mahmood e Marco Mengoni si sono guardati negli occhi sul palco dell’Ariston. Da quel momento si è evocata una fantomatica relazione finita male tra i due e la “tuta gold” sarebbe un elemento legato al co-presentatore. “Baby, non richiamerò”.

Come non si riusciva ad accettare che la “tuta gold” potesse essere solo un’immagine evocativa, si è arrivati a non accettare più l’identità di Alessandro Mahmoud. Il fatto che fosse sbarbato, con la pelle lucida, pallida, con un po’ di rossetto, con i capelli lunghi e imbrillantinati, ha portato qualcuno a parlare di “sosia”. Un genere di complotto molto anni Sessanta che però rimane potente anche oggi. Quindi le tute erano due?

Ma perché si parla sempre di “tuta gold” se nessuno indossa mai una tuta d’oro? Questo potrebbe essere un altro problema del brano. Le persone vogliono capire esattamente il perché di ogni cosa, altrimenti si innervosiscono. Nel brano Click Boom! di Rose Villain alla fine è tutto molto più intuitivo: è un colpo di pistola, un colpo di fulmine, ma anche il click sul telefono, un cuore su Instagram, un messaggio. Nel video ufficiale di Tuta Gold Mahmood invece indossa una tuta azzurra argentata. Smacco finale, definitivo.

Per molti la “tuta gold” è la tuta di uno spacciatore che con 5 cellulari controlla lo smercio di zona. “Con i fiori nella tuta gold / Tu ne fumavi la metà / Mi passerà, ricorderò i gilet neri pieni di zucchero”. Per altri è un omaggio agli Anni ’90 dove si indossavano tute acetate anche abbastanza kitsch e il brano sarebbe un ricordo di quell’epoca, tra rave e avventure amorose.

Continuando a ritroso nella nostra indagine arriviamo a un’intervista data dal cantante a Vanity Fair, il 6 febbraio, prima dell’inizio del Festival, quando forse si era preparato una risposta più equilibrata. Ecco cosa dice: “Tuta Gold è la metafora per descrivere la corazza che mi sono creato nel corso degli anni, sono diventato più forte. E poi c’è mia madre, a cui dico grazie per esserci sempre stata”. Nella canzone infatti Mahmood cita le botte prese a scuola, il razzismo e il rapporto difficile con il padre che è arrivato a chiedergli di cambiare cognome.

Adesso volete davvero sapere cosa rappresenta questa tuta d’oro? Nel tempo che avete impiegato a leggere questo articolo avreste potuto imparare a memoria i passi del ballo legato alla canzone. Mi dispiace.