Raccontò l’eccidio di Bucha. Arrestato un reporter di Forbes: “Diffonde falsità sull’esercito russo”
di Marta
Ottaviani
In Russia dire la verità costa caro. Sergei Mingazov, giornalista dell’edizione russa di Forbes è stato arrestato con l’accusa di aver diffuso notizie false sulle Forze armate. A renderlo noto sono state le testate Rbk e Meduza, informate a loro volta dall’avvocato del reporter. La colpa di Mingazov è stato pubblicare sul suo canale Telegram, chiamato Khabarovskaya Mingazeta notizie riguardanti il massacro di Bucha del 2022 che andavano contro la versione ufficiale di Mosca: parlava di fosse comuni piene di ucraini uccisi dai russi. Il giornalista, che è una firma piuttosto nota del mondo economico e che in passato aveva scritto anche per il quotidiano Vedomosti, adesso si trova rinchiuso in una regione dell’Estremo Oriente russo.
Sempre qui, ma nella città di Chita, due giovani sono stati condannati per aver gestito canali Telegram contro la guerra. Per la precisione, Lyubov Lizunova, 17 anni, è stata giudicata colpevole di incitamento all’estremismo e al terrorismo e Alexander Snezhkov, 19 anni, per diffusione di notizie false. Passeranno cinque anni dietro le sbarre.
Ma ieri è stato ordinato un altro arresto eccellente. Il tribunale di Syktyvkar, nella Repubblica di Komi, Russia europea nord occidentale, ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Garry Kasparov, uno dei più grandi campioni di scacchi di tutti i tempi e cofondatore del Russia Free Forum. Considerato uno dei più celebri e acerrimi oppositori al presidente Putin, Kasparov è scappato dalla Russia nel 2013 e vive in Gran Bretagna, da dove prosegue la sua opera di denuncia del regime. Su di lui pesa l’accusa di finanziare organizzazioni terroristiche e di aver creato una comunità che rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale. Arrestati per davvero, invece, l’attivista Yevgeniya Chirikova, l’ex direttore esecutivo del movimento di solidarietà russo Ivan Tyutrin e l’ex deputato Gennady Gudkov.
Non solo manette ai polsi, ma anche sequestri. Il presidente Putin ha firmato un decreto per il trasferimento temporaneo delle sussidiarie russe di Ariston e Bosch alla russa Gazprom Domestic Systems, la società del gruppo statale Gazprom produttrice di elettrodomestici. Il provvedimento ricalca quello adottato lo scorso anno per le filiali russe Danone e di Carlsberg dando il controllo alla Agenzia federale per la gestione delle proprietà, Rosimushchestvo, dopo che la società francese e quella danese avevano annunciato l’uscita dal mercato russo.
Intanto, il 9 maggio, giorno in cui la Russia celebra l’anniversario della fine della grande guerra patriottica, si avvicina, ma sul campo ucraino non arrivano i progressi su cui il Cremlino faceva conto per alimentare la macchina della propaganda. Al contrario, la firma di Biden al pacchetto di aiuti da 95 miliardi di euro per Ucraina, Israele e Taiwan e l’invio a Kiev, per la prima volta, dei missili a lungo raggio Atacms, sembrano avere portato un po’ di nervosismo sulla Piazza Rossa. “Gli Usa sono direttamente coinvolti nel conflitto – ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov –. Ma questo non cambierà l’esito. La Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi e questa assistenza militare causerà ulteriori problemi alla stessa Ucraina”. Ma l’Ucraina resiste e dall’Europa arrivano segnali di rafforzamento della regione baltica. La Svezia, a pochi mesi dall’ingresso nella Nato, ha annunciato lo schieramento in Lettonia di unità meccanizzate, fra cui carri armati CV90 e Leopard2. Il primo ministro di Stoccolma, Ulf Kristersson e l’omologa lettone, Evika Silina, hanno definito la misura “urgente più di quanto non fosse in precedenza”.
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