«Ho cambiato 4 lavori in 6 anni: perché essere leali a un’azienda che non ti offre un futuro? Sono giovane, posso prendermi dei rischi»
Per vivere nel modo più soddisfacente possibile è importante essere in grado di accorgersi dei cambiamenti nella realtà che ci circonda e riuscire a capirli. In questo modo, sarà più facile gestire tali trasformazioni per usarle a nostro favore, per costruire una quotidianità che ci renda felici. Ciò vale anche per il mondo del lavoro, specialmente in un periodo in cui si sempre più spesso si mettono in discussione le sue fondamenta: gli orari, le mansioni, gli stipendi, i rapporti col capo e i colleghi.
In questo contesto, ha ancora senso aspirare sin da subito a un contratto a tempo indeterminato? Vale ancora il concetto di “lealtà” nei confronti dell’azienda che ha deciso di assumerti? Bremda Acosta è una ragazza della Gen Z che ha cambiato ben 4 lavori nel giro di 6 anni e non ha intenzione di fermarsi prima di aver raggiunto i trent’anni, come ha raccontato a Business Insider.
Di lavoro… in lavoro: «Non ha senso essere leali»
«Salto di lavoro in lavoro – spiega Bremda -. Non ha senso rimanere leali a un’azienda che a sua volta non è leale verso di te». La giovane Gen Z non mette in dubbio che in passato fosse importante e fa l’esempio di sua mamma che, infatti, era “ricompensata” con dei benefit quali… la pensione. Attualmente, però, la situazione è molto diversa e con gli stipendi percepiti è molto più difficile comprare casa rispetto al passato.
«Se hai la possibilitàdi andartene per guadagnare di più, anziché aspettare un aumento, allora dovresti farlo – dichiara la giovane -. Con un’economia diversa, sarei rimasta più a lungo in quei ruoli». Dopo essersi laureata nel 2018 in sociologia e sanitàpubblica, Bremda ha lavorato in quattro aziende diverse. Al momento è manager di una societàno profit a New York ed è lì da 8 mesi, mentre in precedenza è stata impiegata in diverse scuole come insegnante.
Le motivazioni per cui ha deciso di dare le dimissioni variano di caso in caso ma in generale sono legate da un filo rosso: quelle posizioni non le assicuravano il futuro che voleva, non c’era per lei possibilità di crescita. Prima del ruolo attuale, Bremda ha lavorato in una scuola di Brooklyn: «Ho imparato tanto lì, ma quando ho chiesto un aumento, non me lo hanno concesso. Passavo lì i fine settimana a fare straordinari, a volte da sola, senza un soldo in più».
La filosofia di Bremda
«Ciò che il datore di lavoro vuole – afferma – è prendere da te tutto ciò che può. Il dipendente, invece, dovrebbe pensare a quali sono i propri desideri. Quindi, se non credi che quel luogo ti offra abbastanza metti da parte tutta l’esperienza possibile e passa oltre, facendo attenzione a non farti terra bruciata attorno e rimanendo in buoni rapporti».
Tuttavia, Bremda ha intenzione di applicare questa filosofia ora che è giovane e può prendersi qualche rischio, per poi trovare qualcosa di più stabile una volta raggiunti i trent’anni: «A quel punto vorrei che mi vedessero come una persona affidabile per cui rimarrò più a lungo e farò più attenzione a quali posizioni accettare, in futuro. Adesso sono contenta di aver esplorato diverse organizzazioni, aziende, team, settori e manager. Sono felice di aver potuto uscire dalla mia comfort zone».
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