L’hanno trovato morto nella sua auto, in uno dei grandi parchi di Seul, a pochi giorni dall’interrogatorio di sabato scorso durato 19 ore filate: Lee Sun-kyun aveva 48 anni e il suo viso aveva fatto il giro del mondo tre-quattro anni fa, quando il film «Parasite» aveva vinto tutto il possibile (compreso l’Oscar 2020 per il miglior film straniero, cosa mai accaduta prima a una pellicola che non fosse in inglese). Magari in pochi all’estero ricordavano il suo nome, ostico come quello di ogni star sud-coreana che si rispetti, ma il suo Mister Park era rimasto appiccicato alla memoria come gli altri personaggi di quella geniale commedia nera diretta da Bong Joon-ho che ci ha fatto sobbalzare, se non al cinema, sicuramente sui divani tristi del primo lockdown con la sua lotta di classe molto splatter combattuta tra quattro (ricchissime) mura.
La fama e l’allarme
Inizialmente l’ipotesi del suicidio non è stata confermata, ma in base alle informazioni diffuse dalla polizia Lee sarebbe uscito per l’ultima volta di casa dopo aver lasciato un biglietto di addio. Era sposato con l’attrice Jeon Hye-jin, avevano due figli piccoli. È stata lei a lanciare l’allarme dopo aver trovato il foglietto del marito. In patria era uno degli attori più amati, all’attivo decine di film («Helpless», «All About My Wife») e di apparizioni in tv (compresa l’interpretazione del cugino Han-sung nella serie di culto «Coffee Prince» e quella di un rude chef in «Pasta»). Il suo ultimo «Sleep» (in cui incarnava un marito sonnambulo che terrorizza la moglie) era stato presentato fuori concorso questa primavera al festival di Cannes. Tutto a gonfie vele fino agli ultimi mesi di quest’anno, fino all’inchiesta della polizia partita a ottobre: Lee era sospettato di aver fatto uso di marijuana e ketamina (un potente anestetico), accusa molto grave in Sud Corea soprattutto dopo la stretta anti-droga voluta dal presidente Yoon Suk Yeol (da 6 mesi a 14 anni di galera per i «recidivi»).
Le confessioni di una hostess
Una hostess aveva raccontato alla polizia di aver assunto droghe in compagnia dell’attore in un bar di Seul. Lee aveva ammesso la circostanza, giustificandosi con il fatto che non sapeva si trattasse di sostanze illegali. Ma la ragazza secondo la stampa sudcoreana aveva rincarato la dose, sostenendo di aver ospitato la star del cinema a casa sua per festini a base di marijuana. Il Mister Park di «Parasite» aveva negato questa versione, chiedendo di essere sottoposto alla macchina della verità. La polizia l’aveva torchiato tre volte, secondo l’agenzia Yonhap, l’ultima volta sabato scorso durante un interrogatorio durato ben 19 ore. Alla notizia della sua morte, le autorità investigative hanno fatto sapere a News1 Korea di essere dispiaciute per l’accaduto, sottolineando che l’inchiesta era condotta «con il consenso» del sospettato.
Via dal casting
«Tristezza e disperazione» sono le parole che rimbombano nel comunicato dell’agenzia Hodu&U che curava gli interessi di Lee. Sui social fioccano attestati di affetto per l’attore: «I personaggi famosi non sono forse umani? Si possono fare degli errori nella vita. È tutto così triste», è il commento di un fan riportato dalla Bbc. La macchia alla sua reputazione di uomo di famiglia e professionista senza vizi aveva già nuociuto alla sua carriera, prima ancora che la polizia tirasse le conclusioni dell’inchiesta: la sua faccia era scomparsa da molte pubblicità , e i produttori della nuova serie «Nessuna via d’uscita» l’avevano tagliato dal casting.
Fosse accaduto a Hollywood
Immaginate una situazione simile dall’altra parte del mondo dello spettacolo, a Hollywood, con una star del cinema americano colta in flagrante a «farsi le canne». No, lo sappiamo, il mondo non è «piatto». Nel finale di «Parasite» l’impeccabile, ricchissimo e bellissimo mister Park vedeva la propria vita prendere una piega infernale durante un barbecue nel giardino della sua favolosa villa «occupata» di soppiatto dalla poverissima famiglia Kim. Un giorno di fine 2023 Lee Sun-kyun è uscito per l’ultima volta da casa sua, pensando che non ci fosse altra via d’uscita se non prendere la macchina, guidare fino al parco e farla finita. Quanto lo avranno segnato quelle 19 ore di interrogatorio?
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