Castello delle Cerimonie, pioggia di disdette dopo la confisca. Protestano i dipendenti: «Vogliamo continuare a lavorare»
Situazione sempre più nera per i dipendenti e i clienti del Castello delle Cerimonie. Dopo che i giudici hanno disposto la confisca degli immobili e dei terreni per circa 44mila metri quadrati, si sono susseguite tantissime disdette di prenotazioni di coppie di sposi che avevano programmato di festeggiare le proprie nozze nel famoso Grand Hotel “La Sonrisa” di Sant’Antonio Abate, nonostante il tribunale abbia temporaneamente affidato l’azienda alla famiglia dei Polese per garantire la continuità.
Notevole danno economico non solo per i clienti che avevano già inviato gli inviti ai loro parenti e amici, ma soprattutto per i circa 200 dipendenti, tra fissi e stagionali, che vedono sempre più incerto il proprio futuro dato che non appena partiranno le notifiche della sentenza, diventerà tutto proprietà del comune.
La protesta dei dipendenti
Nella mattinata del 19 febbraio, tutti i dipendenti si sono prima riuniti nell’hotel per poi muoversi verso il Comune di Sant’Antonio Abate, per chiedere che una loro delegazione venga ricevuta dalla sindaca Ilaria Abagnale alla quale intendono manifestare le proprie preoccupazioni. La richiesta è di attivarsi per assicurare all’hotel la continuità lavorativa che rappresenta, per Sant’Antonio Abate, una importante fonte di reddito per circa 200 famiglie
Al momento, l’attività può continuare poiché il tribunale ha temporaneamente affidato l’azienda alla famiglia dei Polese per garantire la continuità occupazionale. Tuttavia, preoccupa il futuro quando il comune subentrerà. La sindaca Abagnale ha assicurato che si terrà un incontro con il prefetto e i vertici della procura per discutere della situazione, sottolineando l’importanza della struttura per il territorio, come punto di riferimento per l’intera area e fonte di lavoro per molte famiglie locali.
Sembra quindi che non ci sia l’intenzione di chiudere tutto: il comune potrebbe mantenere aperta la struttura affidandone la gestione a privati tramite un bando pubblico, escludendo gli attuali proprietari e destinando il fitto a scopi di pubblica utilità.
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