Le ruspe cancellano l’ex Ibm. Dalla fabbrica del futuro al crac. E ora la speranza nel data center
Le ruspe cancellano un pezzo di storia industriale del Paese e aprono la strada al futuro. Questa, almeno, è la speranza di chi nell’ex Ibm a Vimercate ha sempre visto un’opportunità. Al posto della vecchia fabbrica di computer, che sta cadendo colpo su colpo, arriverà forse un data center.
Segno dei tempi, è l’ipotesi che prende forma sotto la benna di Vitali, gigante delle costruzioni, proprietario dell’area, che punta sulla rigenerazione. Sfumata l’iniziativa Progroup, il colosso tedesco del cartone che nel 2021 si era presentato in Commissione urbanistica convinto di insediarsi qui, sarebbe pronto il Piano B. “Se così fosse in città potrebbe arrivare un’altra volta il futuro – dice la vicesindaca Mariasole Mascia commentando la chance del maxi-archivio digitale, enormi armadi tecnologici dove conservare milioni e milioni di dati –. Una delle attività più richieste dal mercato”.
Poca occupazione, ma di qualità, richiede ingegneri ed esperti, “con la possibilità, però, di sviluppare un indotto di tutto rispetto”. Nessuna conferma ufficiale per ora, ma il destino dell’area di 200mila metri affacciata sulla Tangenziale Est potrebbe davvero essere questo. “Con la demolizione finisce un’epoca e forse ne comincia un’altra – aggiunge Gigi Redaelli, ex segretario della Fim Cisl Brianza ancora al fianco di tecnici e operai passati a Celestica e poi a a Bames e Sem –. Proprio oggi aspettiamo la sentenza sul fallimento dell’ultima proprietà e giustizia dopo il deserto che hanno fatto di quello che era il cuore del manifatturiero lombardo”. Il sindacalista non rinuncia “all’idea che si possa fare qualcosa in più, l’ipotesi del data center è interessante – sottolinea – ma lo spazio è enorme e magari qualche altro big del territorio potrebbe trovare insieme alla proprietà reciproca soddisfazione”. Un po’ di luce in fondo a un tunnel dopo tanto tempo: “Dalla prima crisi Celestica nel 2003 sono passati più di 20 anni e quasi 11 dal crac”. Vicende che si sono inghiottite quasi un migliaio di posti di lavoro e le aspirazioni di una generazione. Coda dolorosa dei fasti delle origini. A tagliare il nastro di Ibm in città il 12 ottobre 1966 fu Giulio Andreotti, ministro dell’Industria: era “la più grande fabbrica d’Europa”, che tra schede e As 400 rivoluzionò l’elettronica e la vita di tutti.
“Il problema è che la testa è sempre stata altrove – ancora Redaelli – e quando Vimercate non è più stata redditizia, hanno passato la mano”. Era il 2000, tempo di delocalizzazioni.
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