Il presidente della Consulta chiede di fare leggi su fine vita e genitori gay

il presidente della consulta chiede di fare leggi su fine vita e genitori gay

Il presidente della Consulta chiede di fare leggi su fine vita e genitori gay

Nella conferenza stampa seguita alla lettura della relazione annuale della Consulta, il presidente Augusto Barbera ricorre alla citazione di «Aspettando Godot», capolavoro beckettiano del teatro dell’assurdo, per rendere plasticamente la condizione d’attesa in cui la Corte costituzionale si trova a causa di una «persistente inerzia legislativa» sui temi delicatissimi del fine vita e dei figli di coppie omogenitoriali. Un’attesa che non sarà una sterile impasse – avverte – perché «se rimane l’inerzia del Parlamento sul fine vita, la Corte costituzionale a un certo punto non potrà non intervenire».

Parole inequivocabili, che costituiscono l’ennesima esortazione che in anni recenti si leva dal settecentesco Palazzo della Consulta all’indirizzo delle Camere, affinché varino una legge sul fine vita e un’altra sui figli delle coppie omogenitoriali. Ciò anche perché – annota il presidente nel suo intervento, che tocca anche emergenze come «gli atroci femminicidi» e le morti sul lavoro – «le Regioni vanno sempre più moltiplicando le iniziative, a supplenza del Parlamento che non è intervenuto» (e sul punto, «apprensione» rispetto alle «soluzioni regionali» è stata espressa ieri dal presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, come riferiamo a pagina 3). Un ragionamento analogo, prosegue Barbera, vale per il riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso, che sta avvenendo con «disordinato e contraddittorio intervento dei sindaci preposti ai registri dell’anagrafe».

L’ordinanza di Firenze. Considerazioni esposte nella Sala Belvedere davanti a un parterre de roi istituzionale, che comprende il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il guardasigilli Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Sul fine vita, Barbera non nasconde il «rammarico» per il fatto che nei casi più significativi il Parlamento «non sia intervenuto», obbligando «questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione», auspicando che «un intervento del legislatore» dia seguito alla sentenza Cappato e che si tenga conto «del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso». Sulla prima questione, è pendente un’ordinanza del Tribunale di Firenze (il caso riguarda un malato di Sla che non assume farmaci salvavita) che «in astratto» potrebbe fornire materia alla Corte per pronunciarsi ancora. E Barbera non lo esclude: «Non intendiamo fermarci ad aspettare il Parlamento».

Il giudice mancante. Il presidente difende «il pluralismo» della composizione della Corte, «che non rischia di essere minata da contingenti vicende politiche». E, alle Camere, chiede di eleggere presto il 15esimo giudice necessario per completare il collegio ed evitare la situazione poco piacevole in cui «in camera di Consiglio ci si possa trovare sul 7 a 7 e il presidente debba far pesare il proprio parere».

Calo delle decisioni. Lo scorso anno sono state emesse 229 decisioni contro le 270 del 2022 (calo collegato alla riduzione del 60% «dei ricorsi in via principale», 35 nel 2023), con un «decremento del contenzioso tra Stato e Regioni». Ma sull’attualità politica Barbera (che ha alle spalle incarichi di ministro e 5 legislature, fra il 1976 e il 1994, con Pci e Pds) benché stuzzicato dai cronisti, non si sbottona: «Fatico a non rispondere – replica con garbo -, ma non posso farlo…». Non manca invece la stigmatizzazione rispetto al libro in cui l’ex giudice della Consulta Niccolò Zanon dà conto della propria «disenting opinion» in alcune sentenze: «Zanon è un mio buon amico, ma è una grave leggerezza, perché il segreto della camera di consiglio va rispettato».

Il richiamo agli «eccessi» dei giudici. Il presidente non risparmia una critica verso quei giudici che, nelle loro decisioni, fanno prevalere i propri «eccessi valoriali, da cui talvolta non pochi si sentono pervasi», invece di «sollevare una questione di legittimità» . Qualcuno ipotizza che nei casi possa comprendersi il contrasto fra norme europee e decreto Cutro addotto dalla giudice catanese Apostolico, passato per le Sezioni Unite della Cassazione e ora al vaglio della Corte di Giustizia Europea. Barbera non si sbilancia, osservando solo come sia «un po’ diverso» quando su «un testo di legge, approvato magari qualche settimana prima dal Parlamento» si ritiene «di dover contrapporre una propria visione dei valori costituzionali».

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