L’intellettuale che decise di “scendere in strada”
Tre grandi sale, ottanta pezzi fra libri, fotografie, opere d’arte e documenti (il libretto giovanile di Tiro al bersaglio, il certificato di matrimonio, il congedo dal servizio militare…), un anniversario da onorare – gli ottant’anni dalla morte – e un obiettivo preciso. Non quello di trasformare in un santino il filosofo assassinato il 15 aprile 1944 da un commando dei Gap (azione che fu disapprovata dal Comitato di Liberazione Nazionale della Toscana con l’esclusione del rappresentante del Partito Comunista) ma ricordare, se ancora ce ne fosse il bisogno, il ruolo di Giovanni Gentile come straordinario promotore di cultura. Ecco il senso e l’ambizione della grande mostra Scendere per strada. Giovanni Gentile tra cultura, istituzioni e politica che apre martedì (fino al 7 luglio) all’Istituto centrale per la grafica a Roma, dove la citazione di una frase di un suo discorso del 1925 («Quando tutti gli italiani saranno scesi in strada e penseranno e rifletteranno senza sentire più la tentazione di tornare alla finestra, l’italiano comincerà ad essere quel gran popolo che deve essere») rimanda all’idea stessa che Gentile aveva dell’intellettuale: non chi rimane alla finestra a giudicare gli eventi, ma chi scende in strada a sporcarsi la mani con la Storia e la società, facendosi carico di un ruolo attivo nel mondo e di una precisa funzione civile. Esattamente quello che – sull’insegnamento delle grandi riviste culturali che nei primi due decenni del ‘900 scelsero di uscire dall’accademia e «scendere in strada» – fece il filosofo dell’Idealismo. Un uomo che oltre a varare la più importante riforma della Scuola del nostro Paese (fu ministro dell’Istruzione fra il 1922 e il 1924), promosse e diresse istituzioni come l’Enciclopedia Italiana, il Centro Studi Manzoniani, l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO), l’Istituto italiano di Studi germanici (che dovevano contribuire ad allargare gli orizzonti del sapere al di fuori dei confini nazionali per sprovincializzare la cultura italiana) e poi la Scuola Normale Superiore di Pisa dove Gentile passò prima come studente e poi come direttore, e l’Accademia Nazionale dei Lincei.
Voluta in prima persona dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, pensata e realizzata da un comitato di studiosi bipartisan coordinato da Giuseppe Parlato (fra i quali Simonetta Bartolini, Massimo Cacciari, Alessandro Campi, Guido Melis, Francesco Perfetti, Alessandro Tarquini e Miguel Gotor), la mostra di Roma e il suo catalogo di altissimo profilo sono una testimonianza concreta e necessaria per ricordare uno dei nostri più grandi filosofi del ‘900, il quale diede una forma e un carattere unitario alla cultura e all’identità italiana.
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