Bari, sinistra in piazza per il sindaco. Decaro Ma Emiliano rievoca: noi a casa del boss…
«Giù le mani da Bari». Ci sono migliaia di persone nella piazza a sostegno del sindaco Antonio Decaro convocata da Pd e Cgil. Sindaci, studenti, gente comune. C’è la commozione del sindaco e quella del governatore della Puglia Michele Emiliano, che lo affianca sul palco. È la «reazione» alla decisione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di nominare una commissione di accesso per valutare l’esistenza di condizionamenti mafiosi nel Consiglio comunale dopo i 130 arresti della Dda che indaga su un presunto voto di scambio politico mafioso ed estorsione. Oggi, grida la piazza, «siamo tutti Decaro». Lui, che aveva definito quello del ministro «un atto di guerra», contrattacca: «Quello che stanno cercando di farci è una vergogna senza confini, non si calpesta una cittàsolo per un calcolo elettorale, per vincere una partita a tavolino, non si calpesta la storia dei baresi perché si ha paura di perdere una campagna elettorale che perdono da 20 anni». Ieri sul caso Bari è intervenuta Licia Ronzulli, Forza Italia: «Da pugliese è innegabile che Bari fosse una cittàdevastata, il sindaco Decaro è stato un buon amministratore, noi sicuramente sapremo fare meglio, ma da garantista e da antigiustizialista come è stato sempre il presidente Berlusconi, mi interrogo sui modi che non approvo».
Decaro è estraneo alle indagini sulle infiltrazioni mafiose del clan Parisi nell’Ambtab, la municipalizzata del trasporto pubblico controllata dal comune. E il governatore Emiliano accusa Palazzo Chigi: «Durante una campagna elettorale, Meloni mi parlava direttamente, quasi in una maniera intimidatoria e mi diceva Questa è la tua Bari? Quello che avete costruito? Vi faremo vedere noi. Era una promessa che sta mantenendo in modo sbagliato». E poi racconta aneddoti della lotta alla mafia barese iniziata con Decaro quando era suo assessore, e quando sì, bisognava andare a parlare con i boss: «Lui stava facendo i sopralluoghi per la ztl di Bari, io lo presi e andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, il boss di quel quartiere… io gli andai a dire vedi che questo ingegnere è assessore mio.. deve lavorare perché qui c’è il pericolo che i bambini possano essere investiti dalle macchine quindi se ha bisogno di assistenza te lo affido. Pochi mesi dopo andammo a sgombrare tutte le case dei Capriati che era state confiscate e abbiamo iniziato un cammino, abbiamo aiutato il desiderio di queste persone di cambiare vita». E ancora: «noi abbiamo iniziato facendo campagna elettorale nelle periferie, io andavo dalle mogli dei boss che magari il giorno prima avevo arrestato dicendo: ma pensate ancora di continuare a vivere così?».
Dallo stesso palco il presidente di Libera Puglia, don Angelo Cassano, usa parole pesantissime per il titolare del Viminale: «Dobbiamo avere il coraggio di ricordare che quel ministro, Piantedosi, è lui il vero criminale. Lo dico con coraggio».
Intanto però i condizionamenti del clan Parisi sulla controllata dal comune Ambtab emersi dalle indagini hanno portato all’amministrazione giudiziaria. Gli affiliati al clan avrebbero controllato assunzioni, deciso promozioni, indirizzato vertenze sindacali. Una penetrazione capillare. L’accusa è di estorsione ai danni di un dirigente dell’area sosta, che, per i magistrati, era in uno stato di totale «soggezione» nei confronti dei mafiosi, «consapevole di non poter respingere» le richieste dei boss.
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