“Salvo grazie a un bonifico”, così l’operaio si è salvato dalla tragedia di Firenze
Solo una casualità ha impedito che anche lui finisse sotto le macerie del cantiere Esselunga di Firenze: ancora sotto choc, un operaio impiegato nella costruzione dell’edificio ha raccontato a Repubblica di essere salvo soltanto grazie a un bonifico. L’uomo, infatti, doveva effettuare un pagamento per la propria famiglia e solo per questa ragione, quel giorno, era arrivato in ritardo.
“Potevo esserci anche io”
Oggi, oltre al dolore di aver perso dei colleghi, c’è anche la consapevolezza che, se le circostanze fossero andate in modo diverso, anche lui avrebbe potuto essere una delle vittime. Un pensiero agghiacciante. “Dovevo esserci anche io insieme a loro, laggiù dove ci sono tutte quelle travi a terra. Sono arrivato tardi soltanto per caso, dovevo fare un pagamento per la mia famiglia”, spiega l’operaio del cantiere di Esselunga crollato a Firenze.
Il pensiero va ai morti, e ai feriti, ancora gravi, che ora si trovano ricoverati in ospedale. Anche lui avrebbe dovuto affrontare la stessa sorte, se solo non fosse arrivato in ritardo per questioni personali. Venerdì mattina scorso, infatti, lui non c’era al momento del crollo. Ha appreso dopo che cosa fosse accaduto, quando si è diretto verso il posto di lavoro e ha assistito alla tragedia insieme agli altri testimoni. “Sono passato tra le persone che una accanto all’altra a guardare cosa fosse successo, nessuno sembrava capire o sapere. Dovevo entrare per il mio turno, ma non capivo. Vedevo i mezzi, chiedevo a tutti cosa fosse accaduto. Mi dicevano di un crollo”, racconta.
Il dramma e le domande
A salvargli la vita, insomma, è stato quel bonifico. Bonifico per il quale aveva dovuto avvisare, dicendo ai suoi datori di lavoro che avrebbe fatto un po’ tardi. Quei minuti di ritardo sono stati fondamentali. L’uomo, che ha chiesto di restare anonimo, è sconvolto. Arrivato al cantiere e compreso cosa fosse accatuto, ha provato a chiamare i compagni, senza ricevere risposta. Il suo racconto è toccante. “Ho domandato alla gente che c’era fuori se sapevano qualcosa. Ho provato a fare una chiamata ai colleghi che erano dentro. Mi sono guardato intorno, cercavo qualcuno degli altri operai e là in fondo vedevo quelle macerie. Tante. Poi ho visto la polizia, ho detto a un agente che lavoravo lì. Mi ha fatto entrare nel cantiere e ho raggiunto gli altri. Mi guardavo indietro, dove lavoravamo. I miei compagni erano lì tutti insieme, aspettavano di parlare con la polizia. Siamo usciti soltanto la sera. Siamo rimasti tutto il tempo là dentro, mentre spostavano i detriti e tiravano fuori i corpi. Una giornata a piangere e a farci domande domande”.
Quanto alla tragedia, l’operaio non ricorda di essersi accorto di problemi al cantiere. “Sembrava tutto normale”, afferma, “dovrò parlare gli altri. Ho bisogno di capire. Non riesco a crederci”.
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