DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME — I negoziatori americani, egiziani e del Qatar temono che se Israele e Hamas non raggiungono un accordo entro il Ramadan, il mese sacro per i musulmani che quest’anno inizia attorno al 10 marzo, le possibilità di un’intesa si allontanano. I fondamentalisti perderebbero l’incentivo a far coincidere la scarcerazione dei detenuti palestinesi durante le celebrazioni religiose, gli israeliani sanno che più tempo passa più le probabilità per gli ostaggi di restare in vita diminuiscono.
Le condizioni
La bozza d’intesa prevede una pausa nei combattimenti di 6 settimane e su questo punto c’è la prima contrapposizione: i jihadisti vogliono garanzie che il cessate il fuoco sia definitivo, il premier Benjamin Netanyahu ripete che la guerra andrà avanti (riprenderà) fino alla «vittoria totale», ovvero secondo i suoi proclami l’eliminazione dell’organizzazione.
Nella prima fase dovrebbero essere liberati 40 ostaggi, tra loro 7 donne e due bambini (i fratellini Bibas, che i terroristi hanno dichiarato morti, mentre l’esercito li considera in vita), gli anziani e gli uomini che hanno bisogno di cure. Gli israeliani lascerebbero andare 10 detenuti per ogni rapito e sarebbero disposti a rilasciare anche 15 condannati di «alto profilo» (in prigione per reati gravi di terrorismo) in cambio delle 5 soldate tenute a Gaza. In contemporanea il flusso di aiuti umanitari per la popolazione aumenterebbe.
Gli ostaggi
Hamas chiedeva che l’esercito si ritirasse dal territorio, i mediatori avrebbero raggiunto un compresso e le truppe lascerebbero in centri principali come Khan Younis a Gaza City riposizionandosi attorno ma sempre dentro la Striscia. Nelle tappe successive dovrebbero tornare a casa i civili israeliani maschi, in seguito i soldati e i cadaveri dei prigionieri morti in cattività. I fondamentalisti sostengono che 70 «sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani», dopo l’intesa alla fine di novembre ne restavano 136, per 32 di loro l’esercito ha comunicato alle famiglie che sono deceduti. Ehud Barak, l’ex primo ministro laburista, scrive sulla rivista Foreign Affairs: l’intelligence israeliana stima che metà dei rapiti rimasti non sia sopravvissuta.
Il governo israeliano chiede ad Hamas di fornire una lista dei prigionieri ancora in vita, teme che l’organizzazione abbia perso i contatti con i carcerieri e di fatto non sia in grado di sapere dove siano a questo punto gli ostaggi. I capi del gruppo cercano invece di tenere l’elenco come una delle condizioni per la tregua: sarebbero disposti a fornirlo solo dopo lo stop ai combattimenti
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