«Il mio vicino ha smesso di salutarmi e vietato al figlio di 5 anni di parlarmi perché lavoro in smart working sull’amaca: per lui sono un parassita»
Lavorare da casa, una realtà per molti dipendenti e liberi professionisti che esiste da ben prima dell’emergenza che in pandemia ha fatto diventare lo smart working una pratica conosciuta a tutti. Una modalità di lavoro che, ancora oggi, crea divisioni. Se da un lato c’è chi ne sostiene l’efficacia, capace com’è di coniugare vita lavorativa ed esigenze personali, dall’altro innumerevoli sono i detrattori che vedono nel lavoro da remoto solo una scusa per non fare il proprio dovere.
A dimostrazione della differenza di valutazione su quello che viene spesso definito anche “lavoro agile” c’è la storia raccontata sul gruppo Facebook “Tu non hai figli, non puoi capire” da un membro anonimo. Tutto parte da quelli che inizialmente sembrano essere solo rapporti di vicinato un po’ tesi, ma che si rivelano essere atteggiamenti le cui radici affondano proprio nell’opinione dei protagonisti sullo smart working.
Il vicino di casa
«Ho un vicino che da 6 mesi circa non mi saluta e di recente anche il figlio (5 anni) ha smesso.
Quando ero in balcone, il figlio veniva spesso a chiedermi che lavoro facessi, ecc. (Lavoro da casa)
classiche domande da bambino insomma. Fino a che il padre non lo richiamava per rientrare e questo tutte le volte che stavo in balcone. Ieri ho scoperto per caso il perché, lui infatti era convinto che io non fossi in casa e stava parlando con un amico nel suo balcone». Questa la premessa.
«Gianpalle (nome di fantasia dato dall’utente al vicino, n.d.r) non vuole che il figlio mi veda a lavorare da casa perché secondo lui io sono un parassita che fa il furbo a discapito di quelli che realmente si fanno il cul0. Ha detto che una volta il figlio gli ha detto di cambiare lavoro così da stare a casa come me, e lui si è sentito…meno uomo?!? D’estate lavoravo sull’amaca sdraiato e questo secondo lui è una grave mancanza di rispetto verso di lui che si alza la mattina per andare in officina e mi vede a me così. Ok ma se sei invidioso che vuoi da me? Mi viene solo da pensare, povero bambino», la conclusione.
Le reazioni
Il post ha collezionato numerose risposte, tante quelle di altri lavoratori da remoto. Alcuni danno la loro testimonianza: «Sai in quanti pensano che mi gratti la pancia tutto il giorno? Senza pensare che io inizio prima e finisco spesso dopo di loro. Che se c’è un problema non mi riesce di dire “domani” ma sono qui, e lo risolvo», scrive un utente. C’è poi chi punta l’attenzione sulla tenerezza della domanda del bambino, che avrebbe solo desiderato trascorrere più tempo con il papà.
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