Ecco quando il saluto romano è reato (pure ai funerali)
Il saluto romano resta un reato anche quando viene utilizzato per servizi funebri o azioni commemorative. Il magistrato chiamato a giudicare la sua effettiva rilevanza penale deve però verificare le circostanze nel quale viene fatto e soprattutto la consistenza di un effettivo «pericolo per l’ordine costituzionale». Lo stabiliscono le Sezioni Unite della Cassazione nelle motivazioni della sentenza del 18 gennaio scorso, quando è stato disposto un nuovo processo di appello per otto militanti di estrema destra che nel 2016 avevano compiuto il saluto romano nel corso di una commemorazione a Milano (nella foto, i saluti romani ad Acca Larentia). Il giudice è chiamato quindi ad accertare «in concreto, alla stregua di una valutazione da effettuarsi complessivamente, la sussistenza degli elementi di fatto» tra cui «il contesto ambientale, la eventuale valenza simbolica del luogo di verificazione, il grado di immediata, o meno, ricollegabilità dello stesso contesto al periodo storico in oggetto e alla sua simbologia, il numero dei partecipanti, la ripetizione insistita dei gesti, idonei a dare concretezza al pericolo di “emulazione” insito nel reato secondo i principi enunciati dalla Corte costituzionale». Nel corso del primo processo d’appello la difesa degli imputati aveva spinto proprio sul valore puramente simbolico ed evocativo del gesto effettuato in un contesto commemorativo.
«La condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla chiamata del presente e nel cosiddetto saluto romano integra il delitto previsto dall’art. 5» della legge Scelba «ove, avuto riguardo alle circostanze del caso sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista». Secondo i giudici della Cassazione questa condotta può integrare anche il delitto di pericolo presunto previsto dall’articolo 2 comma 1 della stessa legge Mancino «ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» che hanno tra i loro scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Insomma in futuro i magistrati chiamati a giudicare questa ipotesi di reato dovranno accertare che con il gesto si vogliano veicolare sentimenti antidemocratici e razzisti.
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