I funerali della ristoratrice. L’omelia di don Enzo:: "Dai leoni da tastiera illazioni come macigni"

I funerali della ristoratrice. L’omelia di don Enzo:: “Dai leoni da tastiera illazioni come macigni”

“Da una parte c’è una comunità provata, come la nostra, desiderosa solo di essere vicina alla famiglia e di regalare l’ultimo saluto a Giovanna, per restituirle quello che le è stato tolto. Dall’altra ci chiediamo come fare per evitare tragedie simili, per impedire ai leoni da tastiera di riversare impunemente il loro odio, dimenticando il potere distruttivo che possono avere anche semplici parole, che è il significato della massima ‘Ne uccide più la lingua che la spada”. Queste alcune delle parole pronunciate ieri mattina dal parroco di Sant’Angelo Lodigiano don Enzo Raimondi durante l’omelia dell’ultimo saluto a Giovanna Pedretti, la ristoratrice di 59 anni che, secondo gli inquirenti si sarebbe tolta la vita domenica 14 gennaio, travolta dall’odio social. Una mole di critiche “virtuali” piombate su di lei dopo un post comparso tre giorni prima sotto le pagine Facebook e Google della pizzeria “Le Vignole” del borgo che gestiva con il marito Nello D’Avino e la figlia Fiore.

A un anonimo cliente “S” che si lamentava di avere dovuto mangiare vicino a omosessuali e disabili la donna aveva risposto in maniera decisa invitandolo a non tornare più nel suo locale finchè non avesse recuperato un po’ di umanità. Un gesto che aveva suscitato universale ammirazione. Sentimento che poi però si è trasformato in odio feroce e critica senza pietà quando sono iniziati a spuntare i primi dubbi sulla veridicità della recensione, sollevati inizialmente dalla giornalista Selvaggia Lucarelli e dal suo compagno chef e blogger Lorenzo Biagiarelli. Da “eroina” a “furbetta che voleva solo farsi pubblicità”. Da allora la Procura di Lodi indaga per capire se si è profilato il reato di istigazione al suicidio e rintracciare l’autore del post che rischia di rispondere per l’articolo 504 bis del Codice penale, ossia propaganda e istigazione a delinquere, per motivi di discriminazione razziale.

Ieri mattina la basilica di Sant’Angelo era gremita per l’ultimo saluto a Giovanna Pedretti. Durante l’omelia il parroco non si è sottratto dal toccare temi come l’uso indiscriminato dei social, il giudizio nei confronti degli altri e il rischio dell’invadenza del giornalismo nelle vite private. “Le parole “dolore” e “amore”, in questa triste vicenda, sono assonanti e dissonanti – ha detto –. Sembrano tanto forti da produrre note stonate. Ci hanno mostrato, in primis, il dolore di chi si è visto mettere in discussione, nella sincerità, riguardo a un lavoro portato avanti con dedizione e umiltà. Una donna che contribuiva, con iniziative benefiche e solidali, ad aiutare il prossimo. Poi c’è il giudizio sommario di chi parla senza sapere e il rincorrersi di sospetti, illazioni, pesanti come macigni, costruiti per soddisfare gente frustrata. Dove il teorema da dimostrare, il dubbio da alimentare, è che anche dove c’è del bene, si nasconde un interesse”.

Ora, come ha ricordato il prete, c’è la famiglia che chiede di poter vivere con pudore il proprio lutto. “Dall’altra parte resta invece l’invadenza del diritto di informazione. L’arroganza di chi crede di poter distruggere e restituire la dignità di qualcuno. Ma sappiate, viste le sue acclarate onesta e generosità, che Giovanna non ha bisogno che qualcuno si occupi di riabilitarla. È sbagliato dubitare di lei, anche solo per un istante. Noi vogliamo solo accompagnarla dal Signore della vita. Affinché possa restituirle ciò che le è stato tolto”. Presenti, in basilica, anche tanti sacerdoti del territorio, tra cui l’amico don Pierluigi Leva. “Amicizia è una bella parola, che necessita di essere sostanziata e lei lo ha fatto con la sua personalità vera, rispettosa e mai indifferente. Il suo carattere, a volte spigoloso, non era supponenza, ma faceva capire che per lei era importante l’onestà intellettuale. Sapeva condividere pensieri e offrire aiuto e consigli, anche se non sempre morbidi. Le parole uccidono chi non è corazzato. I social sono un’arma. Le parole pensate perché l’altro patisca hanno contribuito a uccidere Giovanna. Se vogliamo bene a questa donna, abbandoniamo lo stile violento delle nostre relazioni. Perché oggi abbiamo visto quanto sa fare male”.

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