Così l'ideologia pacifista rischia di trasformarsi nel suicidio dell'Europa

così l'ideologia pacifista rischia di trasformarsi nel suicidio dell'europa

Così l’ideologia pacifista rischia di trasformarsi nel suicidio dell’Europa

«L’ideologia pacifista: l’ultima grande tentazione nichilista e suicida dell’Europa». È il sottotitolo di La forza della vertigine, brillante saggio pubblicato dal filosofo francese André Glucksmann nel 1984, esattamente quarant’anni fa. Quarant’anni che sembrano trascorsi invano, all’insegna del sempre veritiero slogan «La Storia non insegna mai nulla». Perché quello che succedeva allora, negli anni in cui l’Unione Sovietica di Yuri Andropov tentava di soggiogare l’Europa occidentale puntando sulle nostre città i famigerati missili SS-20 con testata atomica, somiglia maledettamente a ciò che succede oggi mentre la Russia di Vladimir Putin minaccia l’Armageddon nucleare se oseremo davvero difendere la libertà dell’Ucraina che ha invaso (che poi è la nostra): stuoli di pacifisti a senso unico si stracciano le vesti e invocano la resa preventiva pur di aver salva la vita.

Allora le cose erano più nettamente divise in campi ideologici contrapposti. Gli slogan disfattisti alla moda come «Meglio rossi che morti» venivano dal campo comunista, per quanto malamente dissimulato, gli intellettuali e gli artisti che mettevano sullo stesso piano il nostro mondo libero con quello totalitario sovietico (ricordate Sting con il suo celebre «Russians»?) si dichiaravano di sinistra, in Italia le oceaniche manifestazioni «per la pace» che vedevano mescolate la bandiera multicolore già usata per boicottare la nascente Nato trent’anni prima e immagini drammatiche alla «Day after» erano gestite dal Pci. Il cui vero obiettivo, però, non era la pace, bensì impedire che il vecchio cowboy della Casa Bianca Ronald Reagan rispondesse agli SS-20 sovietici con i suoi Cruise, schierandoli (come invece alla fine avvenne) in Germania, in Italia e in Olanda.

Fu così, e certo non per le sceneggiate dei «pacifisti», che quarant’anni fa salvaguardammo la pace e soprattutto la libertà. Ristabilendo l’unico equilibrio che le garantisce, quello della reciproca distruzione assicurata che fa sì che nessun detentore di arsenali atomici si azzardi mai a usarli. Oggi molti aspetti della situazione sono simili: da due anni la Russia brutalizza l’Ucraina e ciclicamente minaccia l’Europa di aggressione nucleare se oserà difenderla fino in fondo. Putin ha già schierato missili a corto raggio con testata atomica nell’asservita Bielorussia e nell’exclave baltica di Kaliningrad per intimidirci.

Ma salta fuori la Polonia, che quei due territori li ha a un passo, e si dice disponibile a ospitare armi atomiche Nato per riequilibrare la situazione, cioè per garantire la pace. Ed ecco che partono i riflessi pavloviani dei «pacifisti», oggi numerosi anche a destra: i polacchi sono «irresponsabili», così come il presidente francese Macron che parla troppo volentieri di difesa comune. Come allora, neanche una parola contro Mosca che questa guerra l’ha scatenata e che è pronta a portarcela in casa. Ma come quarant’anni fa, a salvarci non saranno i calabraghe che s’illudono che basti strizzar l’occhio al bruto di turno per poter continuare a vivere nel mondo di Fabuland: saranno le idee chiare che aveva Glucksmann («né rossi né morti») e i missili per proteggerci.

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