Roma, 15 febbraio 2024 – I magistrati sono già sul piede di guerra. Le opposizioni parlano di nuovo colpo di mano. Ma il governo va avanti senza tentennamenti dopo aver incassato il via libera del Senato al ddl Nordio di riforma della giustizia penale. Testo che ora passa all’esame della Camera dove, appunto, si annuncia un nuovo passo sul sequestro dei cellulari degli indagati e l’uso dei suoi contenuti ai fini delle indagini.
Il vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto (s) e il ministro della Giustizia Carlo Nordio in Senato durante l’esame del DDL Riforma Giustizia penale, Roma, 13 Febbraio 2024. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il testo – che si compone di nove articoli e che ha ricevuto 104 voti a favore e 56 contrari – ha visto, tra le principali novità, la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, la cosiddetta “norma bavaglio”. Ma ieri il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è tornato sull’altro punto “debole” della normativa: le misure che riguardano “la disciplina del sequestro degli smartphone”, su cui – ha detto – è in programma un cambiamento.
Oggi, ha spiegato Nordio “nel cellulare non ci sono solo le conversazioni, c’è una vita intera”. E questa vita “non può essere messa nelle mani di un pubblico ministero che con una firma se ne impossessa e magari dopo non vigila abbastanza sulla sua divulgazione”. Non tutto quel che c’è nei telefonini potrà essere duplicato, quindi, e non tutte le comunicazioni o le informazioni al suo interno saranno utilizzabili come prova. Già l’altro ieri, il ministro Nordio l’aveva annunciato in Parlamento e poi aveva spiegato ai giornalisti che “in un telefonino o in uno smartphone sono contenute cartelle cliniche, dichiarazioni dei redditi, conversazioni intime, immagini, non soltanto del sequestrato, ma dei suoi amici e degli amici degli amici. La tecnologia oggi consente questa concentrazione di notizie che poi vengono assorbite nel telefonino e che possono essere sequestrate con la sola firma di un pm. Cosa inaudita, che confligge contro qualsiasi regola umana e divina, contro l’articolo 15 della Costituzione che tutela la riservatezza delle conversazioni. Questo il nostro provvedimento di oggi non lo affronta, ma siamo in dirittura d’arrivo per una complessiva modifica delle intercettazioni, quindi è solo l’inizio”.
Ecco, quindi, la norma riveduta e corretta: a decidere per il sequestro del telefonino sarà il gip e non più il pm, così come per l’acquisizione dei contenuti, da cui saranno esclusi i messaggi e comunicazioni ritenuti dal gip non rilevanti penalmente. La nuova riforma sarà discussa in Parlamento entro aprile.
Dura replica dell’Anm. “Colpisce – ha commentato Alessandra Maddalena, vice presidente dell’associazione – che, per intervenire in materia di sequestro di cellulari e intercettazioni, si dipinga in modo indiscriminato il pubblico ministero come una figura oscura, fuori controllo, che si impossessa dei dati e non vigila sulla loro divulgazione. È una continua opera di delegittimazione della figura del pm, che si vuole a tutti i costi rappresentare come estranea alla cultura della giurisdizione. E l’unico effetto sarà di privarlo delle garanzie di autonomia e indipendenza previste dalla Costituzione e di sottoporlo alla influenza del potere politico, a danno dei cittadini”. Rabbia dei magistrati, dunque, su un tema dove i 5 Stelle sostengono che “verrà limitata la possibilità di indagine mentre dalla maggioranza si stempera: “È stata la Corte Costituzionale a parificare il sequestro del contenuto di smartphone e digital devices alle intercettazioni, imponendo analoghe garanzie giurisdizionali – sostiene Pierantonio Zanettin, di FI – e viene da chiedersi perché l’Anm abbia timore del ruolo del gip nelle indagini preliminari”.
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