Al Michelangelo Vito svela la ricetta del sorriso: “L’altezza delle lasagne: cucina e mistificazioni”
“Lo spettacolo che tutti quelli che amano cucinare dovrebbero vedere”: da stasera fino a venerdì alle 21, sul palco del Teatro Michelangelo di Modena, va in scena Vito con ‘L’altezza delle lasagne. Monologo di sopravvivenza gastronomica’, di Francesco Freyrie e Andrea Zalone. Vito, attore comico da sempre appassionato gourmand e conduttore di seguitissime trasmissioni di cucina (tra cui ‘Vito con i suoi’ su Gambero Rosso Channel), affronta con ironia e un pizzico di ‘cattiveria’ un tema che gli è particolarmente caro: il cibo.
‘L’altezza delle lasagne’: qual è?
“Nasce da un detto di mio padre, ma non posso spoilerarlo. Il monologo ha come fil rouge il mondo della cucina con tutte le sue mistificazioni, ossessioni e derive. In modo ‘politicamente scorretto’ ma mai offensivo né volgare, me la prendo un po’ con tutti e tutto, prendendo di mira tutte le manie e gli eccessi che oggi connotano l’argomento, dalla scelta delle materie prime ai ristoranti, passando per le allergie, intolleranze, diete e mode alimentari. Da quando l’uomo ha smesso di fare da mangiare e si è trasformato in Chef? Si può preparare una torta di mele eco-sostenibile senza sfruttare l’ambiente? Perché è scomparsa la rucola e siamo invasi dall’avocado?”.
Che effetto spera di ottenere? “L’auspicio è che gli spettatori, tornando a casa, riflettano su quello che hanno sentito fino a dire: ‘È vero è proprio così’. C’è troppa cucina dappertutto: a qualsiasi ora del giorno e della notte, se si fa zapping in televisione, ci si imbatte in un programma culinario. La porchetta alle due di notte anche no”. Quali sono queste ossessioni? “I coltelli: oggi bisogna tagliare tutto con i coltelli, preferibilmente di ceramica. Ma la mezzaluna dov’è finita? La brunoise, la julienne… Siamo talmente ossessionati da ciò che mangiamo o che vorremmo mangiare, che siamo diventati grotteschi. Per fare da mangiare e andare bene a tutti occorrerebbe servire dell’acqua bollita e basta. Già con il dado ti giochi il 30% dei commensali”.
Lei è un appassionato di cucina…
“Sono bravo ai fornelli, vengo da una famiglia di cuochi, l’ho nel dna, ho anche un ristorante a San Giovanni in Persiceto: mio nipote Lorenzo è lo chef che porta l’innovazione e custodisce il ricettario segreto del Nonno Roberto. Cucinare mi rilassa, mi consente di mettere ’15 centimetri’ di distanza dalle cose che mi stressano”.
Maria Silvia Cabri
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