“L’Italia, vista la sua posizione internazionale, è in qualche modo “costretta“ a dialogare con qualunque amministrazione sia al potere a Washington. Che questa sia democratica o repubblicana, cambia poco. L’Italia ha la necessità di gestire i rapporti con chiunque sia alla Casa Bianca, è un fatto”. Così il professor Gianluca Pastori, Istituto per gli Studi di Politica internazionale (Ispi) e Università Cattolica del Sacro Cuore, dove insegna Storia delle relazioni politiche tra il Nord America e l’Europa.
La mina che quasi tutti temono è Donald Trump. “Trump – spiega – pone un problema che non è legato tanto al suo allineamento politico, quanto alla sua imprevedibilità. In questo momento sta dicendo “riduciamo gli aiuti“, ma si tratta di capire quanto questa politica potrà essere portata avanti in caso di una eventuale rielezione. È chiaro che il presidente ha degli obblighi che il candidato presidente, e specialmente il candidato Trump, non ha. Lo abbiamo già visto nel 2016-2020, quando tutti temevano un allineamento sulle posizioni russe, ma in realtà i rapporti tra Mosca e Washington non sono stati particolarmente cordiali. Quindi, nulla è scontato”.
Chi sta con chi
I partiti di centrosinistra preferiscono tradizionalmente i democratici e sosterranno quindi Joe Biden, anche se l’Alleanza Verdi Sinistra preferirebbe un candidato “socialista” alla Bernie Sanders. Il centrodestra è invece schierato con i repubblicani. Matteo Salvini è notoriamente un sostenitore di Donald Trump, Forza Italia probabilmente preferirebbe un repubblicano moderato alla Nikky Haley e forse anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, anche se in Fratelli d’Italia le pulsioni trumpiane sono forti. “Ma queste – sottolinea Pastori – sono solo posizioni personali che non cambiano il risultato finale, tutti dialogheranno con l’uomo che abiterà alla Casa Bianca”.
I dossier caldi
I dossier più caldi sono quelli della difesa, in primis Nato e sicurezza europea, Medio Oriente e in particolare i rapporti con l’Iran e naturalmente Ucraina e rapporti con la Russia. Ma ci sono anche i dossier commerciali, in particolare legati alla Cina. Se verrà rieletto Biden, non ci saranno cambiamenti sostanziali. Ma se toccasse a Trump cambierebbe quasi tutto. “L’ex presidente – osserva il professor Pastori – ha già iniziato a parlare dell’obsolescenza della Nato e della volontà di uscire dall’Alleanza Atlantica e non occuparsi più della sicurezza europea. Questa sarebbe una scelta epocale che si lega strettamente all’appoggio all’Ucraina e ha gravi implicazioni per l’Europa. Con Trump diventerebbe poi molto più duro il confronto con l’Iran, con i quale l’Europa ha invece avuto una posizione più dialogante. Del tutto evidente poi il cambio di passo sulla questione climatica: se vince Trump, riporterebbe l’America nuovamente fuori dal processo negoziale. E poi si potranno aprire guerre commerciali, sia con la Cina, in particolare sulla tecnologia, sia con l’Europa”.
Gli scenari
D’altronde, gli anni dell’amministrazione Trump sono stati contrassegnati da tensioni molto forti con l’Europa, poi passate sotto traccia con Biden, ma non ancora risolte. Il presidente in carica ha apprezzato la scelta italiana di abbandonare il progetto cinese della Via della Seta, e una eventuale vittoria di Trump non cambierebbe nulla: l’America ci vuole con lei nel confronto strategico con Pechino. “Il problema – osserva Pastori – è che l’Italia non è un Paese particolarmente rilevante agli occhi di Washington. È parte dell’Europa. Una vittoria di Trump significherebbe per il nostro Paese grossomodo quel che significherebbe per tutta l’Europa. Né più né meno”.
Ma Trump ce la farà? Pastori è prudente: “In questo momento se dovessi giocare la vecchia schedina del Totocalcio metterei una tripla: ci sono troppe variabili in gioco, questione giudiziaria inclusa. Biden appare in difficoltà, ma l’appello fermare Trump è un appello che fa presa sull’elettorato democratico”.
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