24 Ore di emozioni
È la mattina del giorno dopo. Faccio ancora fatica a mettere in ordine i pensieri. Le emozioni che si sono susseguite durante le 24 ore di gara e lungo tutta la settimana santa sono state tantissime. È stato come un crescendo rossiniano, fatto di attese, paure, gioie, emozioni e passione che si sono alternate accelerando il ritmo, rendendole quasi indistinguibili l’una dall’altra, fino al traguardo.
La Ferrari ha vinto, sì, per il secondo anno di fila, con una vittoria insperata, al cardiopalma, pazzesca. Ci ha fatto stare tutti quanti con il cuore in gola, ferraristi e non, contendendosi la corona fino all’ultimo istante con una rinata Toyota. Ma ad aver vinto è stato soprattutto il motorsport.
Sì, perché questa gara e l’Endurance in generale riescono a regalare quelle emozioni e quelle passioni che altrove si fa fatica a trovare. Ormai sono sommerse dietro urla incomprensibili, ignoranza, commenti al limite dell’inenarrabile ed offuscate da una tifoseria ridotta alla peggiore versione di se stessa e da un establishment che pensa soltanto a fare cassa, distruggendo la storia e lo sport.
24H Le Mans
Invece, la 24 Ore di Le Mans, ogni anno, è una sana riconciliazione con lo sport, con la passione, con le rivalità ma anche con le amicizie. Non importa se di colori e fedi differenti, perché si vive tutti insieme la magia di una corsa. “La Corsa”. Una delle poche che riesce ad attraversare il tempo rimanendo intatta nonostante l’età, cambiando anche nelle forme. Sì, perché è giusto provare anche a svecchiarsi un po’, per rimanere attraenti. Giusto qualche ritocco, senza esagerare. Solo per darsi quel qualcosa in più lasciando inalterati i propri connotati.
Come è successo per il meccanismo delle qualifiche, adesso lo chiamiamo Hyperpole. Il nuovo formato che giovedì sera ci ha regalato un giro di Kevin Estre sulla Porsche 963 LMDh, da antologia del motorsport. Quando ormai la pole sembrava un affare riservato alle sole Cadillac, lui si inventa una magia. Fa un giro dove dà tutto, con una guida al limite, ed oltre. Pennella le curve Porsche, prendendosi dei rischi pazzeschi e conquistando all’ultimo secondo dell’ultimo giro la partenza al palo per la gara di sabato. Sembra che Le Mans quest’anno abbia scelto “il batticuore” come leitmotiv della competizione.
Una corsa in cui non conta solo vincere, ma conta “sopravvivere” per arrivare alla fine. Lo sa bene l’italianissimo team di Isotta Fraschini, alla sua prima 24 Ore. Un team che non ha alle spalle grandi gruppi come Ferrari, Lamborghini, Porsche o General Motors. Con una compagine di piloti giovanissima e che, nonostante questo, ha fatto un lavoro superlativo, riuscendo, al debutto, a portare la sua auto al traguardo di domenica pomeriggio, chiudendo al 14esimo posto nella classifica assoluta.
Sopravvivere. Come ha fatto il team BMW WRT, che durante le 24 ore ha visto tre delle sue quattro auto finire anzitempo la corsa. Una coinvolta da una maldestra manovra di Robert Kubica in fase di doppiaggio che l’ha spedita contro le barriere, mettendo fine alla loro gara. L’altra, la numero 20, finita anche lei a muro dopo un errore del pilota su una pista resa insidiosa da condizioni meteo mutevoli, costringendola a una lunga riparazione ai box e portandola comunque al traguardo in ultima posizione con 215 giri di ritardo.
24H Le Mans
E la terza, quella con il numero 46 sulla scocca, anch’essa vittima di un errore di guida dovuto alle condizioni della pista. Ma nonostante tutta questa serie di delusioni, il team non ha mollato e con la BMW numero 31 partita dalla quindicesima piazza è riuscita a conquistare un secondo posto in classe LMGT3 che ha dell’incredibile.
Di solito si “sopravvive” in gara, ma c’è chi lo ha dovuto fare ben prima. Il team Hertz Jota, per esempio, ha dovuto ricostruire da zero la sua Porsche 963 LMDh incidentata, dopo lo schianto di Callum Ilott durante le FP3. Facendo in un giorno quello che di solito si fa in tre settimane. Eroici. Come lo sono stati gli spettatori, che hanno assistito alla gara nonostante un tempo che ha concesso ben pochi momenti di tranquillità a chi era presente, diventando anch’essi parte dello spettacolo. E come lo sono tutti i meccanici, ingegneri ed addetti ai lavori chiamati ad un durissimo lavoro, durante tutto l’arco della settimana.
Un applauso io lo vorrei dedicare alla federazione, che noi tutti amiamo attaccare, ma che stavolta, senza alcuna ombra di dubbio, è riuscita a fare un ottimo lavoro con il BOP, regalandoci un’alternanza di prestazioni tra i team che sinceramente nessuno si sarebbe aspettato alla vigilia.
In conclusione, la 24h di Le Mans è la rappresentazione di come dovrebbe essere lo sport che amiamo. Rappresenta in pieno le emozioni che noi malati di questo sport cerchiamo, ogni sabato ed ogni domenica. Racconta emozioni sane, storie da film, senza lustrini, senza confezioni ben fatte e pubblicizzate con un merchandising imponente.
Senza regole tecnico-sportive al limite del grottesco, raccontate da professionisti in modo semplice e piacevole. Questo è quello che dovrebbero rappresentare i campionati più blasonati che si arrogano il diritto di considerarsi il pinnacolo del motorsport.
Un giorno, quando il loro castello di carte nel deserto degli ascolti crollerà, lo capiranno?
Crediti foto: Luca Cappelli, Motorsport Images, Ferrari Hypercar