Atto di guerra delle toghe contro la politica
Atto di guerra delle toghe contro la politica
La magistratura ha dichiarato guerra alla politica, ma la politica non se n'è accorta. La magistratura ha dichiarato guerra anche alla libertà di critica, ma i giornalisti trattano il «caso Toti» come se fosse un'inchiesta qualsiasi, con le solite polemicucce tra togati e politici. La magistratura non corrisponde (più) a due pm genovesi con un gip compiacente, potenziale eccezione in una corporazione più ampia, ma, da ieri, ha alzato l'asticella e ha trasferito il caso al Csm, e l'ha spaccato: la maggioranza ha chiesto una «pratica a tutela» dei pm genovesi e questo per difenderli dal «pericoloso clima di delegittimazione» e dal «discredito personale» alimentato da esponenti del governo e della stampa «di destra». Ergo, la frattura appare scomposta; a favore della pratica contro politici e giornalisti, infatti, ci sono sei consiglieri della corrente Area (sinistra) più uno di Magistratura democratica (sinistra) ma anche quattro di Unicost (moderata) più due indipendenti; non hanno deliberatamente firmato, invece, i sette consiglieri di Magistratura indipendente (moderata) che è la corrente più numerosa. La spaccatura è quindi trasversale, il che potrebbe essere un bene se si traducesse in una questione di puro merito (l'abnormità giuridica e costituzionale del caso Toti) e non in una mera adesione a ruoli di maggioranza e opposizione politiche: l'aria che tira però è quest'ultima.
Dunque riassumiamolo, questo merito. 1) Fare politica e amministrare, a Genova, ha tutte le sembianze di un reato: che il presidente della Regione possa tornare a governare o a gestire consensi (moltissimi, nel caso di Giovanni Toti) viene equivalso a una supposta «reiterazione del reato» e a una ragione per lasciarlo agli arresti a tempo indeterminato: Toti smetterebbe di essere «socialmente pericoloso» solo se si dimettesse dalla carica e non continuasse, a piede libero, a fare politica nei periodi elettorali. Quali? Tutti: dapprima i magistrati hanno citato le elezioni Europee, ma poi hanno esteso a ogni altra possibile; tutto questo in virtù di un'accusa di voto di scambio. 2) A Giovanni Toti, in quattro anni e mezzo di indagine, non hanno trovato un euro fuori posto: tutti i finanziamenti risultano in chiaro (registrati) ma in Italia un esponente politico sembra non essere libero di avere degli sponsor che cerchino di ricavare un interesse privato ma anche pubblico; 3) Le pretese dimissioni di un presidente di Regione (carica elettiva che per categoria è la seconda dello Stato) urtano contro i più elementari principi democratici e contro l'articolo 27 della Costituzione, che vieta di trattare un indagato come un colpevole: si parla di «reato», ma siamo ancora alle indagini preliminari, con precedenti (casi Bertolaso, Fitto eccetera) sempre sfociati in assoluzioni; 4) La procura di Genova appare a tal punto pregiudiziosa da far valutare agli avvocati se ricorrere direttamente in Cassazione, saltando il Riesame ligure: in tal caso il giudizio slitterebbe al tardo agosto; 5) La Procura starebbe valutando anche l'ipotesi di chiedere un giudizio immediato (che in teoria può aver luogo in caso di «evidente reità» o «prova evidente»: è paradossale) e quindi Toti resterebbe agli arresti sino al processo, chissà quando; 6) In queste ore, infine, la procura sta valutando se permettere a Toti di incontrare degli esponenti politici (a casa, ai domiciliari) per parlare pur solo di politica: siamo al punto che, per farlo, occorre chiedere il permesso al grande gendarme.