Silver Island, le sorelle che possiedono un'isola in Grecia
In Grecia esiste un'isola comprata da due sorelle si chiama Silver Islands.
D’argento. Come il colore delle foglie di ulivo che la ricoprono, come il luccichio del mare tutto intorno, come un tesoro leggendario sepolto dai pirati e mai scovato, come il colore dei serpenti che qui hanno trovato un rifugio o dal soprannome dei santi protettori dell’isola, Cosmas e Damian, i “senza argento” che non esigevano denari quando prestavano le loro cure ai bisognosi. Argonisos, l’Isola d’Argento in Grecia, è un puntino che pochi conoscono, situato tra il nord dell’Eubea e la Tessaglia. E il motivo principale di tanto mistero è che non ci si può andare, a meno di partecipare a un ritiro di yoga o di essere invitati. Silver Island è, infatti, un’isola privata, ma cosa significa possedere un’isola? Lo abbiamo chiesto a Lissa Christie, una delle sorelle che l’ha ricevuta in eredità (insieme alle sue due sorelle). Claire è nata da genitori greco-sudafricani ed è cresciuta in una fattoria di litchi a Nelspruit, nel nord del Sudafrica, prima di trasferirsi a Città del Capo. Dopo aver organizzato laboratori artistici nelle scuole svantaggiate di Londra grazie alla sua azienda START e aver lavorato nel team creativo di un grande festival musicale inglese (Bestival), ha intrapreso un viaggio attraverso l’Africa, dal Cairo a Città del Capo, insieme a sua sorella Claire. All’altezza del Malawi si è imbattuta in Corne, che è diventato suo marito e con cui gestisce l’isola.
Quando si pensa a un’isola privata si pensa a scenari da White Lotus o da Blink Twice (il film di Zoë Kravitz in uscita ad agosto), quindi togliamoci subito il pensiero: possedere un’isola privata significa essere ricchi in modo assurdo e sconnessi dalla realtà?Tutti pensano che sia un capriccio, un lusso estremo. Per me è il luogo in cui sono cresciuta con la mia famiglia. È stata acquistata come terreno agricolo, non come status symbol, come molti potrebbero pensare. Non era un luogo in cui scappare dal mondo, ma un terreno da lavorare per coltivare olive, viti e frutti. Fu acquistata da nostro nonno, Spiro Christie, nel 1961. Era emigrato dalla Grecia in Sudafrica, passando per l'Australia, negli anni '30, in cerca di fortuna. Conobbe e sposò nostra nonna Dorothy. Una volta avviata un'attività di successo, decise di acquistare un terreno nel Paese in cui era nato e chiese al fratello Panayoti, che viveva a Oreoi, di aiutarlo. Con grande fortuna Argyronisos era in vendita e Panayoti decise di comprare l'isola per mio nonno senza neppure informarlo. All’inizio mio nonno non fu felce di aver comprato un terreno remoto, senza acqua, senza strade, senza elettricità e senza molo, ma negli anni abbiamo dovuto riconoscere la lungimiranza di zio Panayoti.
Non è da tutti, però, crescere su un’isola privata. Come è stato?Se ci ripenso, quest’isola ha assistito a tutti gli stadi della mia vita: da bambina ci giocavo, da ragazza ho avuto qui i miei primi crush, poi ci ho portato i primi ragazzi, i miei amici, ci ho scritto la tesi e ogni momento che associo all’essere qui è un momento di libertà. Ecco forse la cosa più preziosa di possedere l’isola è la libertà di poterci tornare e, allo stesso tempo, ritornare alle origini. Qui so che sono in Grecia, perché vedo passare i pescatori, sento il verso degli uccelli e il suono delle campane che arriva da terra la domenica, però allo stesso tempo sono anche nel mio mondo.
Tu e Corne avevate vite completamente diverse, tu a Londra e lui in Malawi: cosa vi ha spinto a ricominciare qui?L’isola è sempre stata una specie di luogo sicuro presente nella mia mente. Non avevo idea di come l’avrei vissuta in futuro, ma sapevo che in qualche modo sarebbe stata una parte importante della mia vita. Già a 21 anni avevo fatto un business plan con un’amica per lavorare con l’isola, ma ero troppo giovane: perché questa cosa funzioni deve essere una scelta di vita. Bisogna vivere qui ed essere parte del processo, senza affidare tutto ad altri.
Il vostro business principale è legato ai retreat di yoga, per cui siete stati valutati tra i migliori al mondo, come mai avete scelto questo settore?Noi viviamo qui e quindi abbiamo bisogno di condividere l’isola con persone che la rispettino e che siano felici di condividere con noi lo spazio ma anche l’atmosfera informale. Inoltre, quest’isola ha un passato legato alla guarigione e credo questo si senta quando si viene qui: volevamo creare uno spazio di gioia, bellezza, creatività e guarigione in modo che tutti possano beneficiare della magia che sento sull'isola. Inoltre, con i gruppi di yoga molte persone che altrimenti non potrebbero permettersi di stare su un’isola privata possono vivere quest’esperienza (il pacchetto con yoga, vitto e alloggio va dai 1700 ai 2400 euro circa a settimana, a seconda della sistemazione).
Che cosa fate, in concreto, durante le vostre giornate?All’inizio abbiamo dovuto lavorare proprio sulle basi, come rimodernare le strutture esistenti, renderle sostenibili a livello energetico, sistemare i sentieri e le spiagge: sono tutte cose che bisogna rifare o migliorare di anno in anno per mantenerle nel tempo. Ora vorremmo concentrarci sull’aspetto agricolo, fare il vino e avere un frantoio. Continueremo a ospitare i campi di yoga, ma vorremmo integrare l’agriturismo (al momento ci sono giù alcune esperienze come la raccolta delle erbe e delle olive). In generale, da febbraio ad aprile rattoppiamo l’isola dopo l’inverno, da aprile a ottobre ci sono i campi, poi c’è la stagione delle olive e produciamo il nostro olio. A fine anno ci prendiamo un po’ di tempo per noi. Durante la stagione dell’accoglienza mi sveglio alle 5:30, prendo un caffè a letto con mio marito, saluto tutta la gang dei nostri animali: i cani Olive, Pepper e Cannella, i gatti Pepouli, Kosma, Mina e Sita. Ogni tanto incontro la tartaruga One Eye Mike o Rob la foca. Poi mi occupo degli aspetti burocratici (conti da far tornare e marketing), alle 8 preparo la colazione per gli ospiti, poi cucino il pranzo e la cena. Cerco di nuotare un po’ tutti i giorni.
Qual è l’aspetto più difficile?La logistica, il fatto che devi sempre farti arrivare il materiale dalla terraferma. Tutto ciò di cui hai bisogno deve arrivare via barca ed essere trasportabile in borse da 20 kg, perché devi poterlo caricare e scaricare a mano. Già solo le batterie solari pesano 89 kg! Ora abbiamo una barca più grande, ma per ogni spostamento devi valutare il rapporto tra costi e benefici.
Qual è il tuo angolo di isola preferito?La mia casa! Era una struttura in rovina così per sei anni siamo vissuti in una stanza messa piuttosto male (c’erano anche dei ratti) mentre poco alla volta la rimettevamo a posto. E poi lo spuntone di roccia a sud, dove c’è l’unico posto da cui si possono fare i tuffi.
Cosa vuoi dire a chi ha intenzione di venire per la prima volta a Silver Island?È da 11 anni che facciamo retreat di yoga e il 60% dei nostri clienti è composto da persone che ritornano, perché oltre allo yoga qui condividiamo anche un certo modo di relazionarci alle persone, alla natura, a quello che succede fuori. Io sono nata e cresciuta in Sud Africa durante l’apartheid; quindi, per me è importante restare in contatto con quello che succede nel mondo. Lo yoga rischia di diventare qualcosa tra sé e la propria tribù, distaccandosi dagli altri. Invece servono azioni e parole per non chiudersi. Ad esempio, a inizio stagione ho fatto un post in cui esprimiamo la nostra condanna verso quello che lo stato israeliano sta facendo a Gaza: questa è casa mia e non voglio che qui ci siano persone che pensano che sia ok massacrare dei bambini. Abbiamo la bellezza di avere la libertà di quest’isola ma anche la responsabilità di farne il nostro piccolo contributo per il mondo che vorremmo.