Michela Morellato, l'influencer chiamò «mezzacalzetta» un'infermiera del Cup: ora dovrà pagare 5mila euro per risarcirla
Michela Morellato, l'influencer chiamò «mezzacalzetta» un'infermiera del Cup: 5mila euro per risarcirla
L'influencer veneta Michela Morellato, celebre da anni per le sue battaglie controcorrente, stavolta dovrà pagare dazio. Colpa di alcune parole di troppo ad un'infermiera dell'ospedale San Bortolo di Vicenza, che definì (prima al Cup e poi su Facebook) «mezzacalzetta», «incompetente» e «mela marcia tra gli uffici pubblici». Per questo Morellato dovrà pagare 3mila euro di risarcimento danni e duemila euro di spese legali: la sentenza è stata pubblicata nei giorni scorsi dalla Cassazione.
Chi è Michela Morellato
Diventa dunque definitiva, scrive oggi il quotidiano Il Gazzettino, la condanna a indennizzare la parte civile pronunciata dal Tribunale di Vicenza, mentre è confermato l’intervento della prescrizione stabilito dalla Corte d’Appello di Venezia rispetto all’accusa di diffamazione aggravata. Morellato da quasi vent'anni rivendita l'orgoglio di non tacere davanti ai soprusi: qualche anno fa era stata bandita (e poi riammessa) dalla base Usa di Vicenza per aver scattato delle foto, comportamento che le era costato un'accusa di spionaggio. Nel 2020 accusò invece Amedeo Goria di molestie sessuali. Oggi si definisce «scrittrice, imprenditrice e opinionista politica».
La vicenda della diffamazione
La vicenda di cui si parla oggi risale invece al 2 luglio 2015: Morellato ebbe una lite con l'addetta al Centro unico di prenotazione del nosocomio berico. Ritirando l’esito di un esame, la showgirl si era vista chiedere un ticket da 480 euro, anziché da 411 come le era stato comunicato in ambulatorio: così erano volati gli insulti, registrati su un video che aveva fatto il giro del web. Dopo aver già ottenuto l’estinzione del reato, la difesa ha cercato di conseguire anche l’annullamento delle statuizioni civili. Ma la Cassazione ha invece stabilito che è stata corretta la valutazione dei giudici di merito, nel momento in cui hanno inquadrato il video «nella cornice fattuale della diffamazione».
L'espressione "mezzacalzetta"
Sempre secondo i giudici della Cassazione, «l’accusa di non aver voglia di lavorare e l'invito di lasciare il posto di lavoro a persone più competenti e soprattutto più gentili, rivolto alla stessa, rappresentano espressioni del tutto esorbitanti rispetto all'asserita finalità di mera disapprovazione del metodo di lavoro adottato dalla parte offesa». Gli “ermellini” fanno presente che «con la parola “mezzacalzetta” si intende una persona di mediocri capacità o di scarsa importanza, e con il termine “mela marcia” si indicano persone che fanno uso in modo costante della negatività e del sopruso e che con il loro comportamento contagiano l'intera struttura nella quale operano causando stress, sofferenza e scarsa produttività».