Vasco Rossi fa esplodere il San Nicola di Bari sold out: 50mila fan in delirio per uno show mozzafiato. “Siete i più belli”
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Definirlo uno spettacolo è riduttivo. Basta un’immagine: il megapalco alto 28 metri, largo 86, con due grandi “V” a dominare. Un dragone sputa fuoco. Un cuore pompa. Vasco che compare, dal basso, maestoso. E parte Blasco Rossi: “La combriccola del Blasco era poco più di un pugno”. Ora sono 200mila, solo allo stadio San Nicola di Bari, nelle quattro date: la prima di oggi 25 giugno, e poi domani 26, sabato e domenica. Tutte sold out.
Il re del rock italiano a 72 anni non vuole di certo abdicare. E non è un tirare la corda. Dopo le sette date di San Siro non è stanco: non a caso è nella sua mezza casa, la Puglia, dove viene a riposarsi e a provare prima del tour, a Castellaneta Marina. A Bari invece mette in pratica quello che in piccolo aveva sperimentato al Cromie: il suo show è un concentrato di esplosività. Lui, con i suoi soliti occhi azzurri infuocati. La ricchissima band che continua a strimpellare: Vince Pastano alla direzione musicale e chitarre, l’eterno Stef Burns alla chitarra, Antonello D’Urso alla chitarra acustica, Andrea Torresani al basso, Alberto Rocchetti alle tastiere, Roberta Montanari per i cori, Donald Renda alla batteria, Andrea Ferrario al sax, Tiziano Bianchi alla tromba e Roberto Solimando al trombone. Una scenografia paurosa, ad accompagnare ogni brano con visual differenti.
E i cinquantamila del San Nicola, la Combriccola che dagli anni Settanta lo venera, a completare l’opera. Di tutte le età: dagli over 60 ai bimbi. “Di madre in figlio”, racconta una mamma sin dal mattino in coda con il suo piccolo.
Vasco propone una scaletta nostalgica, quella della vecchia scuola. “Una social setlist”, l’ha definita il rocker di Zocca: più temi sociali e meno canzoni sentimentali. Asilo Republic, del 1980 (andava in coppia con Non l’hai mica capito. Poi Gli spari sopra, Gli sbagli che fai, Quanti anni hai, Come stai, Vivere senza te. E poi uno dei brani più iconici, Bollicine (Coooo ca, co-la). Poi momento fazzoletti alla mano: Jenny è pazza, che affronta il tema della depressione, e una che non ha bisogno di presentazioni, Sally. Poi si riprende ritmo con Domenica lunatica, fino all’emozionante interludio nel quale gli strumenti s’alternano.
Nella seconda parte si susseguono Un gran bel film, La fine del millennio. Poi di nuovo momento fazzoletti con Gli angeli. Basta poco, l’incazzatura con C’è chi dice no (anche questa più che mai attuale). E un mashup: in sequenza La strega (la diva del sabato sera), Cosa vuoi da me, Vuoi star ferma, Tu vuoi da me qualcosa, Occhi blu, Incredibile Romantica e Ridere di te.
E poi rush finale, energico, spumeggiante, con Rewind – obbligatorio lo spogliarello – Il mondo che vorrei (“E alla fine non si piange neanche più”, invece qui sì, si piange). Dillo alla Luna, Se ti potessi dire, il coro all’unisono con Siamo solo noi. E non si può che chiudere con la combo Vita spericolata, manifesto, e Canzone. Infine, naturalmente, Albachiara. Luci blu, piano, il pubblico canta a squarciagola. Poi l’esplosione. Il fuoco. Ra ta ta ta. Le centinaia di luci s’intrecciano a ritmo. Tu sola dentro la stanza, e tutto il mondo fuori. Tre minuti di fuochi d’artificio, quelli mancati a San Nicola. Un concerto da assoluta rockstar.