Albania e i giocatori nati altrove. La prima avversaria dell’Italia è quasi una nazionale diffusa: ecco la sua storia
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DORTMUND – Su una parete dell’ufficio del ct Sylvinho, nel centro sportivo della federcalcio di Tirana, sono appuntate lunghe liste di nomi di calciatori divisi per ruolo. Ogni tanto uno di quelli finisce dentro un circolino rosso e diventa un nazionale albanese, anche se forse non immaginava mai più di esserlo.
L’ultimo caso è quello di Jasir Asani, ala destra, nato in Macedonia e scovato in Corea del Sud, nel Gwangju: qui a Dortmund sarà l’avversario diretto di Dimarco.
Diciannove albanesi su 26 sono nati all’estero
L’Albania è una nazionale diffusa, prodotto di una popolazione sparsa, anche se non più spersa. Diciannove dei 26 elementi della rosa, tra cui il veronese Kumbulla di Peschiera del Garda, sono nati all’estero, quasi tutti figli dell’ondata migratoria degli anni Novanta. Non però Strakosha, nato ad Atene perché il padre Foto, anche lui portiere, giocò per quindici anni in Grecia. Altri sono invece emigrati da piccoli o da piccolissimi (i “toscani” Hysaj e Asllani) e nessuno ha scelto di giocare per l’Albania per convenienza, preferendo un posto al sole in una nazionale meno competitiva all’attesa, magari vana, di una chiamata dalla rappresentativa del paese d’origine. Alcuni hanno fatto le giovanili nella seconda patria (Bajrami ha difeso i colori della Svizzera fino all’Under 21) ma hanno poi preferito rappresentare quella delle radici. Altri hanno dovuto fare scelte difficili, specie quelli con origini kosovare, come Ismajli che è stato a lungo conteso tra le due nazionali.
Djimsiti: “Anche all’estero cresciamo con la cultura albanese”
Ma il tratto comune è che gli albanesi di ogni parte del mondo quando si ritrovano diventano patria, come racconta il capitano Djimsiti: “Anche se siamo nati all’estero viviamo in case albanesi, o kosovare, dove si parla albanese e cresciamo con le tradizioni albanesi. Quando si tratta di decidere, la scelta è facile”.
Da De Biasi e Sylvinho, così l’Albania scova gli emigrati
Con Sylvinho, ma anche già prima con Reja e Panucci ct, la federazione albanese ha sviluppato un sistema sofisticato di monitoraggio dei calciatori di origini albanesi in giro per il mondo (quelli che poi finiscono nella lista sul muro), in modo da allargare la base (non vastissima) dalla quale selezionare i nazionali: è la modernizzazione del metodo artigianale che aveva introdotto Gianni De Biasi, il primo ct a cambiare davvero lo status sociale del calcio albanese, portandolo a livelli alti di competitività. Lui spulciava almanacchi e tabellini, ora ci sono uffici all’estero o altrimenti si scandaglia con il software nei campionati minori e in quelli extraeuropei stanando giocatori che Sylvinho e i suoi collaboratori studiano a lungo al video, cercando di capire se possono tornare utili alla squadra. Con Asani è successo.
A Dortmund almeno quarantamila albanesi
L’Albania è una patria itinerante. In questi giorni l’Albania è Dortmund, dove alla partita ci saranno almeno 40 mila emigrati, e non solo in Germania: saranno il doppio dei tifosi azzurri (ma si teme che le proporzioni saranno molto più svantaggiose per noi, a conti fatti) e occuperanno soltanto una piccola porzione del monumentale “muro giallo” che caratterizza il favoloso stadio del Borussia.
Il muretto azzurro rischia di scolorare nel rossonero albanese, che già ieri era la tinta più appariscente nel centro cittadino. D’altronde, molti si ricordano che giocammo “fuori casa” anche la penultima volta che sfidammo l’Albania in casa, nel 2014 a Genova: a Marassi, quella sera, il tricolore era minoritario. “Sappiamo che il mondo è pieno di albanesi”, si è quasi emozionato Sylvinho alla vigilia, “ed è una responsabilità incredibile rappresentare tutta questa gente. Sarà emozionante avere uno stadio così grande, pieno di nostri connazionali”.
I legami con l’Italia
Non c’è comunque astio, né animosità. Non tra i tifosi, perché in linea di massima il popolo albanese ci è grato, e men che meno tra i giocatori, visto che nove di quelli che sono qui giocano in serie A, uno in serie B e altri tre ci hanno giocato in passato. D’altronde i calciatori albanesi sparsi nei campionati italiani sono stati, nell'ultima stagione, 341, meno soltanto degli argentini (436). E solamente in Germania ce ne sono di più (436). L’italiano è la lingua con la quale Sylvinho e la squadra comunicano, è la lingua con cui il ct ha tenuto (brillantemente) la conferenza stampa della vigilia assieme al capitano Djimsiti che da parte sua parla alla perfezione anche tedesco e inglese.
La sfida Djimsiti-Scamacca
La nazionale errante è una squadra pericolosa, con valori tecnici e tattici molto solidi. Sa tutto di noi (ma noi sappiamo molto di loro) e Sylvinho da una settimana ha confessato di non avere in testa altro: “Ho pensato all’Italia anche mentre dormivo”. Sylvinho è stato vice di Mancini all’Inter (“Ma non sento Roberto da sei mesi”), però ritiene che “tra l’Italia campione d’Europa e questa di Spalletti non ci siano grandi differenze di valori. Siete una squadra molto forte venuta qui per vincere il titolo”. All’Albania, che ha avuto la sfortuna di capitare in un girone complicatissimo, basterebbe passare il turno per la prima volta nella storia e dopo la beffa di Francia 2018, quando a De Biasi gli ottavi di finale sfuggirono per una serie di coincidenze maledette. Non si sentono battuti, tutt’altro. “Questa partita può darci il pieno di autostima”, assicura Djimsiti, cui toccherà marcare il compagno di club Scamacca: chissà chi dei due sarà più indigesto l’altro. “Lo conosco molto bene, abbiamo festeggiato insieme l’Europa League, ma di questa partita non abbiamo mai parlato”. Né in italiano né in nessun’altra lingua.