Monfalcone, il Tar dà ragione ai centri islamici sulle moschee "abusive". Anna Maria Cisint: «Ricorreremo al Consiglio di Stato»
Monfalcone, il Tar dà ragione ai centri islamici sulle moschee "abusive". Anna Maria Cisint: «Ricorreremo al Consiglio di Stato»
MONFALCONE - Centri islamici uno, sindaca Cisint zero. La partita difficile tra Comune di Monfalcone e i centri islamici ha visto il Tar accogliere i ricorsi Daru Salaam e Baitus Salat contro i due provvedimenti emanati dalla sindaca, relativi a due diversi immobili utilizzati dai centri culturali per la preghiera, ma aventi invece diverse destinazioni d'uso, che il Comune ordinava di ripristinare. Le due sentenze del tribunale amministrativo hanno suscitato più di qualche mal di pancia all'interno del Comune, deciso ora a ricorrere al Consiglio di Stato..
La risposta della sindaca
«Leggerò con attenzione il contenuto dei provvedimenti - afferma la sindaca Anna Maria Cisint - ma non si può che rimanere sconcertati da una decisione che mortifica il rispetto delle norme che sovrintendono alle regole urbanistiche della nostra cittàe che devono essere rispettate da tutti, senza privilegi di sorta. Nello stesso tempo, in questo modo si ignorano e si calpestano le esigenze di sicurezza e di legalitàlegate alle modalitàdi accesso e affollamento dei centri islamici, che mettono a rischio e limitano la libertàdegli altri cittadini. Non è possibile che attraverso delle sentenze possano essere messe in discussione e annullate le prescrizioni e i contenuti dei regolamenti urbanistici di una città, così come non è accettabile non consentire al Comune di assumere i necessari provvedimenti di ordine pubblico che incidono sulla collettività". Le ordinanze del Tar, conclude Cisint, «sono giunte prima dei provvedimenti che ancora deve assumere il Consiglio di Stato e pongono anche altre perplessitàe interrogativi sulle motivazioni delle valutazioni che sono state fatte».
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Le sentenze del Tar
Secondo il Tar, il Comune «non ha adeguatamente dimostrato che il mutamento d'uso costituisca 'variazione essenziale'". Nel provvedimento «impugnato infatti: s'è erroneamente ritenuto che il mutamento della destinazione d'uso non fosse consentito per la zona dagli strumenti urbanistici comunali; non si è adeguatamente dimostrato che il mutamento di destinazione d'uso comportasse modifiche degli standard». Per il Tar, si legge in una delle due sentenze, «l'interpretazione comunale non solo non si fonda su alcuna esplicita previsione delle norme di piano, ma è con esse in contrasto nella misura in cui nelle zone residenziali sono espressamente ammessi i servizi e le attrezzature collettive». «Non solo. Una interpretazione siffatta - che consentisse, con carattere assoluto, la creazione di spazi destinati al culto esclusivamente in determinate zone predeterminate dalla pianificazione, vietandolo in altre - potrebbe non risultare compatibile col quadro costituzionale».