‘Inside out 2’ al cinema, emozioni italiane: l’Ansia di Pilar Fogliati, la Noia di Deva Cassel, l’Imbarazzo di Federico Cesari
Photocall del film Inside Out 2
Cambio della guardia a Inside Out: con l'arrivo dell'adolescenza per Riley Anderson che vive in Minnesota, e ormai ha 13 anni, le cinque emozioni che la dirigevano, Gioia, Disgusto, Paura, Tristezza e Rabbia non bastano più e così in Inside Out 2 il nuovo film Disney e Pixar di Kelsey Mann, prodotto da Mark Nielsen, in sala dal 19 giugno, arrivano sul ponte di comando nuove emozioni con altrettante voci.
Alla fine di Inside out, nove anni fa, compariva un nuovo pulsante sulla consolle delle emozioni della giovane Riley, la ragazzina ispirata dalla figlia del regista Pete Docter: pubertà. Cosa mai potrà succedere? Cercavano di sminuire le emozioni protagoniste allora. Come ogni genitore sa, e come tutti abbiamo vissuto, con lo scoccare dei 13 anni uno tsunami investe il cervello degli adolescenti e nuove emozioni si presentano per occupare spazi.
Forte di un incasso americano che scuote il momento di grave risacca al cinema, Inside out 2 esce in sala anche in Italia domani. A dirigere stavolta è Kelsey Mann, mentre Pete Docter, patron della Pixar, qui fa da produttore esecutivo. Per la banda di nuove e psichedeliche emozioni la Disney ha scelto una bella compagine di giovani attori. Pilar Fogliati è la quintessenza dell’Ansia, Deva Cassel l’incarnazione semifrancese della Ennui, la Noia, a Marta Filippi tocca l’Invidia, Federico Cesari è l’Imbarazzo) Sara Ciocca dà voce alla protagonista Riley, mentre Stash doppia Lance Slashblade, un eroe di videogiochi che troviamo nel caveau dei segreti della nostra Riley.
Incontriamo Riley mentre sta per cambiare scuola. Proprio nel mezzo di una partita di hockey sul ghiaccio. Con le due inseparabili amiche formano un trio perfetto tanto che vengono notate dalla allenatrice delle superiori che le invita in un campus estivo. L’ansia da prestazione, la voglia di entrare in nuovi ambienti sociali travolge una quasi irriconoscibile Riley: già perché nel frattempo alla consolle sono arrivati Imbarazzo, Ennui, Invidia, e soprattutto Ansia, pronta a prendere il controllo su tutto per costruire una nuova Riley e proteggerla.
Gli attori ci raccontano che emozione è stata questo Inside out 2. Pilar Fogliati: "Penso che questo film sia incredibile, soprattutto perché nel passato esistevano soltanto l'idea dell'angioletto del diavoletto, quindi esisteva soltanto il concetto ‘ti sei comportato bene’. E questa è una cosa brutta, molto limitante, un concetto chiuso. Invece evviva che adesso i bambini nel futuro, ma anche io, le nuove generazioni avranno questo film meraviglioso e tutte queste altre emozioni che impareranno a conoscere, a comprendere, ad accettare, ad amare. Quindi quello che personalmente mi è arrivato di più, del film, è il senso di accettazione di emozioni che magari pensiamo sbagliate, anche se non ne esistono nella realtà”.
Figlia d'arte di Monica Bellucci e Vincent Cassel, Deva Cassel è Ennui: "Annoiarsi è importante, bisogna capire che è positivo. Da giovane non capivo quanto invece sia fondamentale fermarsi e pulire le idee. Sono cresciuta in una famiglia con tante aspettative nei miei confronti - continua Deva -, ma entrambi i genitori mi hanno insegnato che la cosa importante è quella di restare fedeli a sé stessi (anche se avessi voluto andare a pascolare), una cosa che io per fortuna ho sempre applicato senza nessun problema".
La giovane Sara Ciocca è Riley: "L'adolescenza è terribile, ti fa vivere un periodo di irrequietezza, cambi umorali continui e repentini che ti scaraventano in una giostra quasi incontrollabile. Spesso si rimane in silenzio perché non si sa cosa dire". Marta Filippi dà la voce all'Invidia: "Non l'ho trovato un personaggio cattivo. È pieno di ammirazione, guarda tutti dal basso verso l'alto. Si sente inferiore e per questo cerca un modello a cui ispirarsi".
Federico Cesari invece dà voce all'Imbarazzo: "Il film è stato in grado di creare un linguaggio emotivo e un linguaggio visivo contemporaneamente. Dare immagini alle emozioni e permettere di comprendere qualcosa che veramente per me prima era irrappresentabile, come l’inconscio, il flusso di coscienza. Creando un linguaggio collettivo in cui tutti ci possiamo identificare: ad esempio la rappresentazione visiva di un attacco di panico senza bisogno poi di dargli un appellativo è stato per me un qualcosa rivoluzionario”.