Conferenza di pace. Zelensky a Mosca: "Non accettiamo compromessi"
Conferenza di pace. Zelensky a Mosca: "Non accettiamo compromessi"
"L’Ucraina ha bisogno di una pace giusta il prima possibile. Diamo una chance alla diplomazia. Quando il piano d’azione sarà sul tavolo, accettato da tutti e trasparente per il popolo, allora sarà comunicato ai rappresentanti della Russia, in modo da poter realmente porre fine alla guerra". Così il presidente ucraino Volodymir Zelensky, indossando idealmente la feluca, ha parlato al Burgenstock di Lucerna davanti alle 101 delegazioni che hanno accettato l’invito di Berna.
Ma sul lago di Lucerna più che le presenze, pesano le assenze. Al summit non c’è la Russia, l’enigmatica Cina – ieri ha sostenuto che "Russia e Ucraina dovrebbero incontrarsi a metà strada" ma continua a non volersi "sporcare le mani" – è rimasta a casa. E mancano anche i leader di altri leader di Paesi che potevano avere chances di aprire un dialogo con Putin, come il premier indiano Narendra Modi, il presidente brasiliano Lula, il leader turco Erdogan e naturalmente l’ungherese Orban.
Anche al di là delle presenze e della retorica, le spaccature sul merito restano poi tutte. Perché secondo Kiev (e l’Occidente), come ha detto il capo dell’ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak, "nessun compromesso è possibile sull’indipendenza, sulla sovranità e sull’integrità territoriale". Il che è l’opposto esatto del cosiddetto ’piano di pace’ di Putin che, come ha osservato ieri il vicepresidente americano Kamala Harris "non chiede negoziati di pace, chiede la resa di Kiev". Quella del Cremlino, concorda la residente del consiglio Giorgia Meloni, "sembra un’iniziativa propagandistica più che una reale proposta di negoziato". Già.
Ma Mosca non vuole altro che una sostanziale resa di Kiev e rema contro una trattativa basata sul diritto internazionale. "Non vogliamo comunicare nessun messaggio, vogliamo riunirci la prossima volta per un evento più sostanziale e costruttivo", ha affermato il portavoce dello Zar, Dmitri Peskov. E la portavce del ministero degli Esteri russo, il superfalco Maria Zakharova, rincara la dose: "Se la conferenza in Svizzera si propone di salvare il mondo, allora discuta la proposta di Vladimir Putin, che ha mostrato la vera via verso la pace".
Chiaramente è un dialogo tra sordi, anche se gli organizzatori del summit cercano di vendere il bicchiere come mezzo pieno. "Non saremo in grado oggi di decretare la pace per l’Ucraina ma speriamo di dare inizio al processo – ha detto Viola Amherd, presidente della Confederazione Svizzera –. Preparare il terreno per i negoziati fra le due parti in guerra". Magari in Arabia Saudita, che sarebbe disponibile. Ma il tutto sembra più che altro un modo per far vedere che la comunità internazionale sta facendo qualcosa, a prescindere dalla volontà delle parti in causa, che resta ancora troppo distante per aprire un tavolo negiziale. "Questa guerra finirebbe da un momento all`altro se la Russia mettesse fine alla sua aggressione e procedesse al ripristino dell`integrità territoriale dell`Ucraina" ha detto il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, prendendo la parola in nome dell’Italia.
Il Cremlino però ben vorrebbe addirittura obbligare l’Ucraina a ritirarsi da tutti i territori “annessi“ da Mosca. L’Europa, così come l’America di Biden, di contro non sarebbe neanche disponibile ad un cessate il fuoco sulla linea attuale. "Il congelamento del conflitto oggi, con le truppe straniere che occupano il territorio ucraino – ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen – non è la risposta. Anzi, è una ricetta per future guerre di aggressione. Dobbiamo invece sostenere una pace globale, giusta e sostenibile per l’Ucraina. Una pace che ripristini la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Questa è la posta in gioco". Il che significa una cosa sola: non illudiamoci, sarà ancora guerra.