L'Europa del "quintetto" parte male, con Stati decisori ed altri spettatori

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L'Europa del "quintetto" parte male, con Stati decisori ed altri spettatori

Il Consiglio europeo, la cui durata era prevista per il 27 e 28 giugno, si è concluso in un giorno. Eppure l’Agenda era molto impegnativa sia per quantità che qualità dei temi da trattare, sia per le decisioni da assumere. Sono stati esaminati in sequenza sette temi ai quali si sono aggiunti almeno quattro approfondimenti. È impossibile che in un giorno si siano discussi tanti e così complessi argomenti. Per questo la mia valutazione è che sia stato fatto un riassunto approssimativo di precedenti Consigli con accentuazioni sul sostegno incondizionato all’Ucraina e sul potenziamento della spesa per armamenti. Commentare questa Consiglio "enciclopedico” è impossibile e quindi mi limiterò ad alcuni temi: quello delle nomine per il quinquennio 2024-29 e quello dell’economia..

Le nomine: un “quintetto” per decidere il “quinquennio” 2024-2029

Il tema centrale del Consiglio sono state le nomine per il quinquennio 2024-2029. In Italia molto si è detto prima e dopo il Consiglio stesso. La critica ex ante è stata non solo quella della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Parlamento, dove ha purtroppo mischiato critiche all'Ue (alcune corrette, altre sbagliate) con quelle condivisibile al “quintetto di Stati grandi elettori”. Lo stesso presidente Sergio Mattarella, con espressioni misurate ma nette, ha ricordato prima del Consiglio europeo che l’Italia è uno Stato fondatore della Europa Unita con una dimensione che ne fa tuttora uno dei tre maggiori. Sono valutazioni condivise anche da gran parte della opinione pubblica qualificata ed europeista.

La preoccupazione, che poi si è materializzata, era che il Consiglio si avviasse a ratificare un pacchetto di nomine già concordato da un’alleanza di cinque governi e di tre partiti. Cosi hanno “deciso” il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il premier spagnolo Pedro Sánchez, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro polacco Donald Tusk e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Il quintetto è stato rafforzato anche con il premier olandese uscente (in quanto nominato segretario generale della Nato) Mark Rutte!

Sono tutti espressione dei Popolari, Socialdemocratici e Liberali, che hanno una lunga e importante storia per la costruzione europea, ma che in questo momento cruciale per l'Ue e l’Europa avrebbero dovuto pensare più al “consenso”. È vero che sarà il Parlamento europeo ad approvare o meno le nomine proposte dal Consiglio e cioè quella della presidente delle Commissione (riconfermata Ursula von der Leyen), quella dell’Alto rappresentante della politica estera e della sicurezza europea (l'ex primo ministro estone Kaja Kallas). Quindi qui la democrazia parlamentare avrà modo di esprimersi, ma la rappresentazione interna e internazionale dell'Ue è che ci sono Stati decisori ed altri spettatori. Quanto alla nomina come presidente del Consiglio europeo di Antonio Costa (già primo ministro del Portogallo) è definitiva e non passerà dal Parlamento europeo perché così stabiliscono i Trattati.

Meloni e l'urgente “prelazione” per una vice presidenza esecutiva italiana

La decisione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che si è astenuta sulla candidatura di von der Leyen e ha votato contro a quella di Kallas e Costa, è stata corretta perché escludere per ragioni partitiche l’Italia, uno dei tre grandi Stati, anche cofondatore dell'Ue e dell'Eurozona, significa svalutare la nostra Repubblica. L’astensione di Meloni sulla candidatura di von der Leyen credo sia dovuta al metodo del “quintetto” e non alla personalità designata in quanto la collaborazione con Meloni è stata ottima nei due anni passati e penso (spero) che continuerà. Adesso bisogna però pensare al futuro e una decisione importante verrà da von der Leyen (se confermata dal Parlamento) con la nomina dei tre vicepresidenti esecutivi (su un totale di otto) della Commissione europea. Qui deve esserci un rappresentante dell’Italia: in questo anche il ruolo del ministro degli Esteri Antonio Tajani sarà molto importante, sia perché egli è stato un ottimo commissario europeo (prima al Commercio e poi all’Industria) nonché presidente del Parlamento europeo, sia perché una sua dichiarazione post Consiglio europeo rivendica questo riconoscimento per l’Italia. Il candidato che il governo proporrà deve essere naturalmente all’altezza del ruolo.

L’economia al recente Consiglio europeo: troppe promesse piuttosto confuse

Nelle conclusioni del Consiglio europeo, di economia si tratta molto talvolta con promesse categoriche, con ripetizioni e con espressioni incomprensibili. Molto più chiare al proposito erano state le conclusioni del Consiglio del 17 e 18 aprile nel quale Enrico Letta presentò anche il Rapporto sul mercato interno commissionatogli dal Consiglio. Proprio per questo non faremo una rassegna commentata sul tema economico del recente Consiglio ma solo alcune sottolineature e segnalando alcune mancanze. Un punto riguarda le politiche per rafforzare sia la competitività dell'Unione e la resilienza economica sia per realizzare appieno il potenziale del mercato unico. Ci sono quindi riferimenti specifici all'Unione dei mercati dei capitali per renderli “accessibili a tutti i cittadini e tutte le imprese nell'intera Unione e che vadano a vantaggio di tutti gli Stati membri anche per aumentare gli investimenti privati”. Un secondo punto considerato è il potenziamento della industria della difesa e la creazione con varie modalità di “un mercato europeo della difesa meglio integrato e promuovendo appalti congiunti…[nonché] l'accesso ai finanziamenti pubblici e privati…anche attraverso il rafforzamento del ruolo di catalizzatore del Gruppo Banca europea per gli investimenti”. Un terzo punto è un lungo elenco di settori e tecnologie in cui la Ue dovrebbe diventare leader mondiale per arrivare a “impatto climatico zero, portando a buon fine le transizioni climatica e digitale, senza lasciare indietro nessuno”. Qui si richiama la necessità per uno “sforzo di investimento collettivo, che mobiliti finanziamenti sia pubblici che privati, anche attraverso la Banca europea per gli investimenti”. Un quarto punto riguarda la creazione di un ambiente favorevole all'innovazione e alle imprese con investimenti in ricerca e nel capitale umano favorendo anche la crescita dimensionale delle imprese. Qui si innestano molti impegni che comprendono anche investimenti in ampie infrastrutture transfrontaliere per l'energia, l'acqua, i trasporti e le comunicazioni.

Impegni eccessivi e carenze

L’elenco di quello che si farà è enciclopedico ma nello stesso sottovaluta alcuni elementi cruciali. Uno riguarda le materie prime, ed in particolare le terre rare necessarie per la transizione verde; l’altro riguarda le risorse finanziarie. Per quest’ultimo si cita spesso la Bei che nei "corridoi di Bruxelles"  viene considerata essenziale per i finanziamenti soprattutto per la difesa e gli armamenti. Il tema Eurobond viene molto sfumato mentre gli stessi sono cruciali per tutta l’economia della Ue e per i tanti interventi di investimenti comuni (tra cui la ricerca tecnoscientifica sottovaluata nel Consiglio). Il nucleo di emissione degli Eurobond deve però essere l'Eurozona che ha l’Euro e la Bce. Non nego che le emissioni euro-obbligazioni per il Pnrr sia stata una ottima iniziativa ma la  stessa rimane a termine ed è connessa al bilancio dell'Ue che è piccolo e frastagliato dai 27 Stati. Il Mes modificato sarebbe invece un ottimo ente dell'area euro per emettere Eurobond. Purtroppo il governo italiano non lo ratifica, mentre dovrebbe approvarlo per poi modificarlo dall’interno.

Letta e Draghi per una Europa del XXI secolo

La “Enciclopedia” del Consiglio europeo ha poi dimenticato di aver conferito, nel settembre 2023, a Enrico Letta il compito di redigere un Rapporto sul completamento del mercato interno e che Letta ha presentato le sue proposte al Consiglio di aprile scorso. Ha anche dimenticato che la presidente della  Commissione europea ha affidato a Mario Draghi nel settembre del 2023 il compito di un Rapporto sulla Competitività europea che sarà presto concluso. Sono rapporti che il governo e il Parlamento italiano dovrebbero usare come Programmi. La Repubblica Italiana ha cofondato l'Europa Unita dove è nella triade dei piu importanti Stati. Adesso, tramite i rapporti di Letta e Draghi, dovrebbe dimostrare che ha capacità progettuali adatte alla Ue del XXI secolo, ben al di sopra del “quintetto per le nomine europee”.

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