Teheran, il non voto spinge i riformisti

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Teheran, il non voto spinge i riformisti

I riformisti rialzano la testa e l'Iran si prepara a un ballottaggio ad alta tensione, venerdì 5 luglio, con la sfida tra il progressista Masoud Pezeshkian e il fondamentalista Saeed Jalili. Si va al secondo turno perché nessuno dei due è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta nella corsa presidenziale. Pezeshkian si è assicurato uno stretto vantaggio, ha ricevuto 10,45 milioni di voti, contro i 9,47 milioni di Jalili, mentre l'altro leader conservatore Mohammad Bagher Ghalibaf ne ha ottenuti 3,38 milioni. Un quarto candidato, Mostafa Pourmohammadi, solo 206mila. La partita sarà dura.

I due contendenti, almeno sulla carta, sono molto diversi per ideologia. Pezeshkian, medico 70enne ed ex ministro della Sanità, ha promesso un approccio nuovo: ha precisato che le azioni della polizia morale, che impone rigidi codici di abbigliamento alle donne, sono «immorali». Ma anche se riformista, è leale al leader supremo. Alcuni commentatori hanno sottolineato che, se dovesse essere eletto, la Repubblica islamica non dovrebbe aspettarsi altro che una differenza di tono. Non si prevede che il prossimo presidente introdurrà alcun cambiamento politico dal momento che Khamenei decide sulle questioni principali.

La sfida si giocherà sul filo. Si ritiene che la maggior parte dei voti di Ghalibaf passerà a Jalili. E altri due candidati, il sindaco di Teheran Alireza Zakani e Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi, ritirati poco prima dell'apertura delle urne, hanno invitato i loro sostenitori ad appoggiare Jalili per la vittoria del «fronte della rivoluzione». I riformisti però per ora sembrano non essere riusciti a persuadere i più giovani che chiedono maggiore libertà. Alcuni descrivono l'Iran della generazione Z come depoliticizzato, mentre altri sono consapevoli che chiunque verrà eletto non avrà il controllo sulle leve del potere che rimangono nelle mani del leader supremo e dei Pasdaran. Pezeshkian ha cercato di coinvolgere gli studenti e ha promesso che non vi sarà alcuna repressione nei confronti di coloro che si rifiutano di indossare l'hijab. Ma al centro della sua campagna c'è stata l'argomentazione secondo cui i travagli economici del Paese non finiranno a meno che non si impegni con le economie occidentali, anche attraverso la rinegoziazione dell'accordo sul nucleare. Sostenuto dall'ex ministro degli Esteri Javad Zarif, ha accusato chi appoggia la linea dura di portare l'Iran in un vicolo cieco.

Jalili, membro del Consiglio supremo di sicurezza nazionale, ha promesso pure lui di stimolare la crescita economica, oltre a combattere la corruzione, ma sostiene una posizione più dura contro l'Occidente. Il nome di Jalili è legato a negoziati sul nucleare che hanno portato all'isolamento dell'Iran sulla scena globale e all'imposizione di sanzioni da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Jalili e altri conservatori hanno affermato che una vittoria di Pezeshkian segnerebbe solo una terza amministrazione dell'ex presidente Hassan Rohani. Un altro dato è importante: solo il 40% circa si è recato alle urne, il numero più basso dalla rivoluzione islamica del '79. Il boicottaggio è un rifiuto del regime, ha pesato anche la disillusione all'indomani delle proteste del 2022-23 e l'economia disastrosa con un'inflazione superiore al 40%.

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