Papa Francesco frena a concedere il Patriarcato agli ucraini (per non irritare Mosca)
Il patriarca ortodosso russo Kirill
Dopo due anni di guerra, davanti a una distruzione spaventosa, diventa sempre più inspiegabile per gli ucraini il rifiuto del Vaticano e le resistenze di Papa Francesco ad elevare a Patriarcato la Chiesa greco-cattolica di Kiev. Attualmente questa realtà religiosa non è un Patriarcato anche se vorrebbe esserlo. Sarebbe un riconoscimento simbolico a tante sofferenze. L'arcivescovo maggiore, Svyatoslav Shevchuk – figura simbolica e popolarissima che non ha mai abbandonato la capitale ucraina sotto le bombe e che è finito nella lista dei bersagli dei russi – spera tanto che sia solo una questione di tempo. Tuttavia il riconoscimento è ancora in sospeso, così come il suo cardinalato. Tutto dipenderà dalla valutazione di Bergoglio.
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In passato questa Chiesa era stata perseguitata dai comunisti poi con il crollo del Muro di Berlino e la dissoluzione dell'Urss è stata ufficialmente autorizzata nel 1989 ad operare pubblicamente e non più clandestinamente grazie ad un accordo tra il presidente sovietico Gorbaciov e Giovanni Paolo II. Nei 30 anni successivi ha sviluppato strutture, moltiplicato interventi, rafforzato fedeli e sacerdoti nonostante l'atavica e fermissima antipatia del Patriarcato di Mosca che ha sempre considerato i fedeli greco-cattolici ucraini gli “uniati” (definiti così con disprezzo) praticamente dei traditori. Oggi con 4,3 milioni di credenti, la Chiesa greco-cattolica ucraina è la più grande delle chiese orientali e Papa Francesco forse non potrà continuare a frenare per sempre questo passaggio considerando il ruolo svolto durante la guerra. Un'elevazione di questa Chiesa allo status di patriarcato non avrebbe certamente alcun significato interno anche se certamente non mancherebbero i contraccolpi con Mosca, rendendo i rapporti tra il Vaticano e il patriarcato russo ancora più tesi. Per Francesco è un dilemma.
L'antipatia del patriarca Kirill è notoria ed è pienamente ricambiato. Svyatoslav Shevchuk ha recentemente accostato il Patriarcato di Mosca alla milizia dell'Isis. Praticamente dei terroristi, fanatici, tagliagole. «Hanno la stessa strumentalizzazione della religione dello Stato islamico, solo che da una parte c'è in fondamentalismo islamico e dall'altra il fondamentalismo del cristianesimo» ha spiegato l'arcivescovo alla agenzia tedesca KNA. Il riferimento era per i proclami alla guerra santa per estirpare il male satanico dell'occidente e per riconquistare l'Ucraina come ai tempi dell'impero degli zar.
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L'arcivescovo sa che la sua vita è in costante pericolo. Nel 2022, i paracadutisti russi avevano un piano esatto della sua casa se solo Kiev fosse stata presa. «Tutti noi che rappresentiamo l'identità e la dignità della nazione ucraina, non solo il popolo religioso, ma anche gli artisti e gli intellettuali, saremmo stati giustiziati immediatamente, come nel caso ai tempi di Stalin».
Una vittoria russa nella guerra di aggressione contro l'Ucraina sarebbe «una catastrofe globale», avverte; «il primo passo verso un confronto globale nel prossimo futuro». A suo parere la Russia deve riconoscere «che esiste una nazione ucraina con la propria lingua, storia, chiesa e statualità». Il suo sogno è che le famiglie ucraine di tutto il mondo «tornino a casa e abbiano la sicurezza e il coraggio di dare alla luce nuove generazioni di ucraini nella loro patria».
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Nel 2016 (due anni dopo l'annessione russa della Crimea) quando Papa Francesco a Cuba ebbe modo di incontrare e abbracciare ili Patriarca Kirill, firmò una dichiarazione in cui in un passaggio si «deplorava lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria» poi si invitavano le rispettive chiese «ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto». Un passaggio che non fu gradito all'arcivescovo Shevchuk che fece presente che «l'Ucraina è vittima di una aggressione esterna: noi non vogliamo e non appoggiamo di certo la guerra, ma non possiamo affermare che un popolo non abbia diritto a difendersi. Siamo contro la guerra e facciamo appello al Papa e alla comunità internazionale perché sia fermato l'aggressore. Nessuna Chiesa ucraina ha appoggiato questa aggressione esterna. La formulazione del testo rischia di essere una copertura dell'aggressore, o l'ammissione che la Chiesa russa abbia un ruolo in tutto questo conflitto».