La cestista Brittney Griner racconta la prigionia in Russia: le sofferenze fisiche, il cibo avariato
Brittney Griner, NCAA Women’s Basketball Tournament Final 5/04/24
Messa in una gabbia, umiliata, sporca come non mai nella vita. Nelle carceri russe ha cucito le divise dei soldati e mangiato cibo avariato. Una lunga agonia durata dieci mesi. È il racconto crudo di Brittney Griner, che anticipa il libro di prossima uscita “Coming Home” scritto con Michelle Burford. La cestista professionista di Houston fu arrestata una settimana prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Abituata a viaggiare in Russia, l’arrivo a Ekaterinburg – dove si trovava il suo team di basket russo – si rivelò drammatico. L’agente doganale le fece il controllo delle borse trovando una cartuccia di olio di cannabis in una tasca interna dello zaino. Una seconda cartuccia era riposta in valigia. Nonostante la marijuana terapeutica – in totale 0,7 grammi di olio di cannabis – le fu prescritta da un medico in Arizona, per curare il dolore cronico, la sostanza era illegale in Russia. Da qui la condannata a 9 anni per possesso illegale di droga e contrabbando di una “quantità significativa” di stupefacenti. Reato punibile con un massimo di 10 anni di carcere e una multa di un milione di rubli, circa 15.000 dollari.
L’intervista è stata rilasciata a Jenna Wortham e pubblicata dal New York Times. La giornalista ricompone i tasselli di una prigionia inaspettata, fortemente condizionata dalle frizioni tra Usa e Russia. “Non c’era il phon e i suoi capelli non si asciugavano mai dopo la doccia”, scrive Wortham. Così Griner decise di tagliare i suoi riccioli: “Il taglio è stato orribile – ha rivelato l’atleta – ma necessario”. Le condizioni proibitive del carcere sono state devastanti, anche fisicamente. La 33enne è stata costretta a fare esercizio fisico nonostante le temperature gelide e la neve. La sportiva avrebbe cambiato più volte penitenziario, sballottolata da una parte all’altra della Russia in una gabbia d’acciaio: “Così piccola da doversi rannicchiare con le ginocchia strette al petto”. L’atleta si è sentita umiliata, come un “cane al guinzaglio”, quando è stata legata ai polsi per presentarsi in tribunale.
E poi ancora, Griner ripercorre quei momenti che l’hanno allontanata dallo sport e da sua moglie Cherelle. Del primo alloggio in cella ricorda un letto piccolo, per la sua statura (È alta 2,06 metri, ndr), un materasso scolorito, un odore nauseabondo e un buco per i bisogni. Le portarono un porridge, con un pezzo di pesce azzurro, che si rivelò indigesto. Niente asciugamani, né sapone, né dentifricio, né shampoo. Costretta a strapparsi la maglietta per usarla come carta igienica. “Non sono mai stata così sporca in vita mia”, ha rivelato alla giornalista ammettendo di aver “pensato al suicidio”.
Ricordi che Griner non dimenticherà mai. Ha scritto a Biden, chiesto scusa a Putin. Poi la condanna a nove anni in una colonia penale in Mordovia. Un viaggio di otto giorni, al buio, fino all’arrivo in un gulag di epoca sovietica. È qui, in una stanza condivisa con 20 donne, è riuscita a trovare un po’ di umanità nonostante i turni massacranti di lavoro da 12 ore: “Ho cucito uniformi militari russe”. Griner ha spalato la neve e parlato poco, perché l’inglese da quelle parti non è contemplato.
Oggi, la cestita sta cercando di tornare alla normalità. Ma non è facile. La prigionia, conclusa con uno scambio di prigionieri (Per il suo rilascio fu liberato il trafficante di armi Viktor Bout, ndr), ha intaccato la sua autostima, ha aumentato le insicurezze, forse conseguenza di alcuni infortuni in campo. Tra le atlete più amate del Women’s National Basketball Association (WNBA), Griner è stata costretta a prendere una pausa. Durante l’intervista a Phoenix ha confessato di chiedersi spesso se mai potrà tornare a giocare come prima.