Il racconto di un italo-palestinese: "Interrogato per 16 ore legato a una sedia"
Presidio per Khaled El Qaisi, cittadino italo-palestinese detenuto in Israele, Roma, 30/09/2023
Interrogatori che duravano anche 16-18 ore consecutive, senza pause, con mani e piedi ammanettati a una sedia, una cella di un metro e mezzo per due metri di altezza senza alcuno sbocco all’esterno, deprivazione sensoriale, luci accese 24 ore su 24. Così Khaled El Qaisi, cittadino italo-palestinese, racconta all’Università del Molise le condizioni della sua detenzione dopo essere stato arrestato dalle autorità israeliane al valico tra la Cisgiordania occupata e la Giordania. Mai nessun reato gli è stato formalmente contestato.
El Qaisi è stato fermato lo scorso 31 agosto, mentre tornava da una vacanza dai parenti a Betlemme insieme alla moglie italiana e al figlioletto.
L’uomo, che ha documenti sia italiani sia palestinesi (è di madre italiana e padre palestinese) è stato liberato dopo un mese ed è potuto rientrare in Italia lo scorso 11 dicembre. Il giovane ha partecipato a un incontro-testimonianza in ateneo a Campobasso organizzato con la collaborazione dell’Osservatorio contro la Repressione.
“Nel centro per gli interrogatori dove sono stato detenuto – ha raccontato – ci sono celle tutte uguali: un metro e mezzo di larghezza con un soffitto alto meno di due metri che si può toccare con la mano, senza finestra, senza alcuno sbocco all’esterno e con pareti ruvide sulle quali ci sono delle punte per le quali è impossibile appoggiarsi. Per dormire solo un materassino sul pavimento. Tutte le celle dello stesso colore, grigio scuro, con una luce accesa 24 ore su 24, completamente insonorizzate. Il servizio igienico è un foro per terra con uno scarico. Molto spesso questo foro è otturato e se si scarica si rischia di far allagare la stanza”.
“Condizioni di detenzione queste che – ha evidenziato ancora il giovane italo-palestinese- portano “a una deprivazione sensoriale: trascorsi diversi giorni senza luce solare, senza orologio e senza effetti personale si comincia a perdere la cognizione della realtà e del tempo che passa. C’è la privazione dal sonno, ti viene impedito di dormire in maniera sistematica e non ti rendi conto nemmeno di quanti giorni sono passati”.
Khaled ha anche parlato di cibo molto scadente e ha rivelato un altro particolare sulle celle: “All’interno c’è una grata al centro con un getto costante di aria gelata e non c’è punto della cella nella quale si possa sistemare il materassino senza essere investiti dall’aria gelata”.
Quindi ha concluso: “Dal 1999 la Corte Suprema israeliana ha vietato la tortura diretta in favore di altri metodi di interrogatorio, usando metodi di interrogatorio volti a piegare la volontà della persona. Non c’è la violenza fisica ma psicologica”. Un clima che prosegue anche nei rapporti con il proprio avvocato: “Nelle prime settimane di detenzione è praticamente impossibile incontrarlo. Nessun tipo di contatto anche alle udienze. Ho vissuto una situazione anche grottesca: ci era vietato stare insieme nell’aula, quindi nel momento in cui io entravo lui era costretto a uscire e quando lui era in aula io venivo portato fuori”.