David, che amarezza! Snobbate le perle e perdete la memoria per diventare solo una brutta copia
David, che amarezza! Snobbate le perle e perdete la memoria per diventare solo una brutta copia
Avete mai riflettuto su quanto sia lontano da qualsiasi logica assegnare un premio ad un’opera d’arte? Per quanto i criteri tecnici possano essere parte integrante della valutazione, l’emozione resta una componente fondamentale nel processo di fruizione. Ed essa, per definizione, sfugge alle etichette e difficilmente, dunque, può essere ridotta a un giudizio lapidario, numerico, oggetto a confini. Pertanto se dare un voto ad un quadro di Monet o a una scultura del Canova può essere considerata alla stregua di folle – e del tutto insignificante – impresa, lo stesso vale per il cinema (che di arte è la settima).
Tuttavia il cinema non è solo arte, è anche industria. E come tale, l’anima artistica deve convivere con quella economica, la quale ha il potere di trasformare l’idea in numero, e quindi in denaro. Questo è ciò che si cela dietro all’inspiegabile dinamica dei premi cinematografici – la cui esistenza, se associata al sostantivo “arte”, sfugge ad ogni senso – ed la contraddizione che ne diviene essenza originaria, è la materia di cui sono costituiti i grandi limiti che si palesano, ogni anno, ad ogni cerimonia. E di cui i David di Donatello 2024 sono perfetta incarnazione.
Paola Cortellesi e Matteo Garrone brillano nella notte dei David di Donatello
I David di Donatello 2024, i figli brutti e poveri degli Oscar
In virtù della contraddizione che ne dà i natali, sarebbe inutile sindacare sull’attribuzione dei David di Donatello 2024: C’è ancora domani avrebbe meritato il miglior film più di Io Capitano? Forse sì. Ma è anche vero che Garrone aveva bisogno che il suo Paese gli ripagasse i danni morali causati dalla mancata vittoria agli Oscar (dopotutto lui ha portato alta la bandiera del cinema italiano nel mondo), risponderebbe qualcuno. Tuttavia ciò su cui è necessario riflettere non sono i due soggetti dell’interrogativo o i rispettivi meriti, quanto più sarebbe interessante chiedersi il motivo per il quale La Chimera di Alice Rohrwacher non sia mai stata oggetto di alcun “se” e di alcun “ma”.
Snobbata completamente dal pubblico e dalla cerimonia dei David è servita la regista Justine Triet, con la sua dedica ad Alice Rohrwacher, a ricordare all’industria cinematografica italiana – e all’Italia intera – di non essersi accorta di avere un gioiello tra le mani, una delle migliori registe europee che con La Chimera ha portato il cinema italiano a dei livelli mai raggiunti prima. Ma di cui il pubblico italiano e l’industria (basti vedere la distribuzione che ha avuto il film) ignora quasi l’esistenza. Una svista – giustificata dalla polarizzazione del dibattito pubblico che sceglie (giustamente) i propri beniamini – che i posteri sentenzieranno con un dazio molto caro.
Sergio Ballo contro i David di Donatello: uno schiaffo legittimo alla cerimonia
Sergio Ballo riceve il David seduto su una scala, come a rendere evidente lo status di “serie B”
Se per quanto riguarda i premi è l’opinione a guidare giustamente il dibattito e parlare di “sbagli” sarebbe superficialmente errato, c’è un episodio però va iscritto sotto la campana degli imperdonabili errori. Perché consegnare il David di Donatello per i migliori costumi a Sergio Ballo sulle scale e non sul palco non è stato solo un errore – e men che meno, che ne dica Carlo Conti, un modo per dare maggiore dignità al premio – ma altresì una mancanza di rispetto. Così facendo infatti i David hanno deliberato che alcune categorie siano meritevoli di un premio sul palco, mentre le altre “di serie B” si meritano giusto di essere sedute su una scalinata di second’ordine.
E tale errore diventa ben più grave nel momento in cui la cerimonia – il cui evidente obiettivo è quello di tentare di imitare gli Oscar (con tanto di sezione In Memoriam accompagnata dall’esibizione di Irama) finendo per essere solo i figli brutti – dà prova di avere la memoria corta. Infatti dimentica dell’insurrezione avvenuta agli Oscar per l’eliminazione dei premi tecnici dalla diretta – poi introdotti – riponendo anni dopo – a solo un anno di distanza dallo sciopero di Hollywood che si sperava avesse scosse le coscienze – la propria versione di giudice supremo in salsa italiana.
Di fronte a ciò non resta, dunque, che apostrofare il tutto con una citazione che meno cinematografica non si può, come i David del resto: che amarezza!