Borrell: «Tre miliardi per le armi a Kiev dai fondi russi congelati». Ma c’è l’ombra di Orbán
L’alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE BRUXELLES — «Basta con i “ma”. Metto sul tavolo una proposta concreta e gli Stati dovranno dire se sono d’accordo oppure no». Oggi , capo della diplomazia e della politica di sicurezza europee, presenterà ai Paesi Ue una proposta per usare i 3 miliardi di euro l’anno generati dagli extraprofitti straordinari dei beni russi congelati dalle sanzioni imposte a Mosca per l’aggressione all’Ucraina. «L’idea è quella di utilizzare la maggior parte di queste entrate per fornire a Kiev le attrezzature militari di cui ha bisogno per difendersi», ha detto Borrell parlando a un gruppo di media europei, tra cui il Corriere.
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Gli asset congelati della Banca centrale russa ammontano a circa 200 miliardi, la maggior parte dei quali in Belgio, ma il capitale non può essere toccato secondo il diritto su cui si basano le sanzioni. Si tratta di una spinta in avanti «dopo mesi di discussioni e di dubbi giuridici» sollevati da alcuni Stati ma anche dalla Banca centrale europea, che ha messo in guardia dal rischio di minare la fiducia nell’euro e nei mercati dell’Ue. Borrell ha però rassicurato che «la Bce è stata pienamente consultata» per la formulazione di questa proposta.
È concreto il capo della diplomazia Ue: «La somma di denaro, 3 miliardi all’anno, non è straordinaria, ma non è trascurabile» e comunque «i russi non saranno molto contenti». La proposta finirà sul tavolo del Consiglio europeo di domani, però per decidere i leader Ue avranno bisogno di più tempo. Ancora lunedì, al Consiglio Affari esteri, «alcuni membri si sono mostrati preoccupati per la base giuridica, per la conformità con il diritto internazionale, per le conseguenze sui mercati finanziari», ha spiegato Borrell auspicando che «i leader siano d’accordo sulla proposta per inviare un messaggio ai loro ministri per l’attuazione». Per il capo della diplomazia Ue non c’è più tempo da perdere perché «la guerra si deciderà quest’estate, la Russia presto prenderà l’iniziativa» e «la nostra priorità è continuare a sostenere l’Ucraina con tutto ciò che serve per prevalere».
Cosa farà l’Ue con questi soldi? Li destinerà per la maggior parte alla , lo strumento intergovernativo per la pace che non deve rispettare gli stessi standard giuridici del bilancio Ue o essere approvato dal Parlamento europeo. «L’Epf è stata creata per sostenere diversi Paesi, soprattutto i partner africani, quando ancora non c’era la guerra in Ucraina — ha ricordato Borrell —. Questo perché il bilancio europeo non può essere usato per comprare armi: è la dottrina costante del servizio legale. Potrà essere contestata in futuro, ma al momento questo è ciò che prevedono i Trattati».
Dallo scoppio della guerra l’Epf è stato usato per rimborsare i Paesi Ue per le armi che hanno fornito all’Ucraina e lunedì scorso i ministri degli Esteri dei Ventisette hanno concordato di stanziare altri 5 miliardi per il Fondo per l’Ucraina previsto all’interno dell’Epf. Non tutti i 3 miliardi annui generati dagli extraprofitti andranno allo strumento per la pace, si tratta del «90%, mentre il 10% andrà al bilancio Ue per rafforzare l’industria della difesa ucraina. Serve però che gli Stati Ue siano d’accordo», ha proseguito Borrell. Per convincere i pochi Paesi contrari a inviare armi all’Ucraina ad accettare la proposta, come ad esempio l’Ungheria, è previsto che saranno destinate a Kiev le quote in proporzione a quanto un Paese contribuisce all’Epf. Quindi non tutto il 90% andrà all’Ucraina. E questo, secondo Borrell, permetterà ai Paesi contrari di dire che non hanno fornito aiuto militare a Kiev. Se basterà a convincere Budapest lo vedremo presto. «Serve l’unanumità» per approvare l’uso degli extraprofitti e in genere il premier ungherese Orbán non si tira mai indietro quando può esercitare il suo diritto di veto.
Nei mesi passati la discussione sull’uso degli extraprofitti era partita dalla necessità di recuperare ingenti investimenti per la ricostruzione dell’Ucraina ma Borrell ha osservato che «la cosa migliore è evitare che qualcosa venga distrutto». La percezione è cambiata ed è evidente che l’esito della guerra è legato alla capacità degli alleati di fornire aiuti militari a Kiev. In Europa è diventato centrale il dibattito su come finanziare la difesa. «Ma non siamo ancora in un’economia di guerra», ha sottolineato Borrell, aggiungendo che servirà «creatività finanziaria» e soprattutto «volontà politica». Gli eurobond sono ancora lontani.