Red Bull non ha più tempo
C’è un’immagine che vale più di un discorso da mille parole. Una fotografia che urla pur mostrando due persone che confabulano con apparente calma. Da un lato Sergio Perez, capo chino, espressione da cane bastonato. Dall’altro Helmut Marko, paterno ma severo, che catechizza il pilota dopo un errore in qualifica che gli costa la Q3. Attimi che si consumano mentre il compagno di squadra ottiene una pole position da urlo con una Red Bull che non sembra più il martello di Dio.
A cantare erano le mimiche corporee: uno assoggettato, l’altro dominante nella sua calma. Ruoli definiti in favore di telecamere. Marko non ha mai risparmiato stilettate pubbliche a Sergio. Ma stavolta non lo ha fatto. E forse non è un buon segnale. Se il capo non sente più il bisogno di stimolarti forse significa che non crede più in te. Un dirigente che guarda oltre, che pregusta altri scenari.
Imola potrebbe essere un momento di cesura nella storia di Checo. Con una Red Bull ormai raggiunta in prestazioni a quelli di Milton Keynes non basta più uno che si limiti a fare il compitino. No, non serve uno scudiero che non difende. Ieri Max se l’è vista da solo in mezzo agli eserciti rossi e papaya. E ha vinto la tenzone. Ma che fatica.
Sergio non ha aiutato, partiva troppo indietro. Sergio non è stato funzionale alla vittoria. Verstappen se ne frega e continua a fare quello che gli riesce meglio. Ma, alla lunga e con i nemici sempre più folti in numero, più agguerriti e dotati delle lance di ultima generazione, sarà difficile continuare a primeggiare.
Helmut Marko arringa Sergio Perez
Red Bull pretende un cambio di passo da Perez
Red Bull ha bisogno di concretezza e di un secondo – perchè quello cerca, non prendiamoci in giro – che alla bisogna possa rappresentare una carta strategica valida. Un soggetto che possa dare una mano a raggranellare punti per la corsa al Costruttori e a guardare le spalle al leader indiscusso del team.
Insomma, la versione di Perez vista a Imola non può essere utile alla causa. Lo sa il pilota, lo sa Marko che dei driver è gestore. Ne è conscio Christian Horner che pretende maggiore concretezza dal secondo.
Il rinnovo si scrive in queste settimane. Un’altra Imola potrebbe essere fatale a Perez che attende la “sua” Monaco, un tracciato che gli è sempre piaciuto (la vittoria del 2022 lo conferma). Il messicano sa che il suo sedile è ambito da molti. Una postazione che ora scotta. Ed è meno comoda.
Ma soprattutto è consapevole del fatto che non ha più garanzie contrattuali e che il destino è nelle mani di chi non aspetta altro che fare ciò che avrebbe voluto fare l’anno scorso. Ma dodici mesi fa Marko era limitato da clausole di protezione fortissime in favore del conducente di Guadalajara. E soprattutto si scontrava con la volontà di Horner di non cambiare le carte in tavola nonostante una stagione orribile.
Sergio Perez – Oracle Red Bull Racing
La RB19, la vettura più vincente e dominante di sempre, ha camuffato le debolezze di Perez. La RB20, ottima macchina ma non un carrarmato (ne ha vinte cinque su sette, proprio un macinino da caffè non è), rischia di essergli fatale. Red Bull non può più permettersi una coppia così sbilanciata.
Ecco che si torna a guardare alle opzioni che il mercato offre. Carlos Sainz? Certo, è un nome valido e spendibile. Ma attenzione alla soluzione interna, a quello Yuki Tsunoda che sta crescendo di gara in gara e che nel weekend di Imola ha fatto nuovamente cose egregie considerando il mezzo che guida.
Perez è avvisato: il tempo stringe e altro non ce n’è. O si dà una mossa o certi destini si compiranno inesorabilmente. E pure in fretta.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing