Beverly Hills Cop: Axel F, recensione: Eddie Murphy su Netflix fra nostalgia e divertimento

beverly hills cop: axel f, recensione: eddie murphy su netflix fra nostalgia e divertimento

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Nel 1994 abbiamo visto l’agente Axel Foley sgominare un giro di falsari e un traffico illecito direttamente nel cuore del famosissimo parco di divertimenti Wonder World. Si trattava della terza incursione del poliziotto a Beverly Hills, anche quella volta dettata dal suo personalissimo senso di giustizia e da alcune motivazioni profondamente personali che alimentavano quella indole che da sempre lo distingue dai suoi altri colleghi. Nel 2024, a distanza di 30 anni da quegli eventi, Foley ritorna nella città degli angeli per un nuovo caso che ha richiamato la sua attenzione. Beverly Hills Cop: Axel F (Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F, in italiano), però, salta la proiezione sul grande schermo per essere distribuito direttamente in streaming da Netflix. Pur trattandosi di una scelta curiosa, intriga ancora di più l’idea alla base di un progetto cinematografico del genere.

Già, perché Beverly Hills Cop III - Un piedipiatti a Beverly Hills III, pur segnando un nuovo tassello nella leggendaria collaborazione fra John Landis e Eddie Murphy, non ottenne il successo sperato, ponendosi al grande pubblico come lungometraggio ancora oggi discusso dagli appassionati e, per stessa ammissione del suo regista, abbastanza “strano” come film. Le reazioni al terzo capitolo furono differenti, con gli incassi che, seppur buoni, almeno in base agli investimenti, non furono paragonabili a quelli raccolti dalle altre avventure del poliziotto. L’interesse, quindi, è rimasto sottocutaneo ed è bene riflettere sulle ragioni di fondo che potrebbero aver, per ipotesi, spinto alla realizzazione di Beverly Hills Cop: Axel F.

Beverly Hills Cop: Axel F nostalgia e momenti familiari

Beverly Hills Cop: Axel F ci riporta nella vita dell’agente Foley (Eddie Murphy) che, nonostante l’età, non ha minimamente perso il suo “tocco” in termini lavorativi. La distanza temporale dal terzo film si fa ovviamente sentire, proiettando gli eventi in corso in un periodo storico sia differente, per modalità e regole sociali, che curiosamente non troppo dissimile in termini più polizieschi ed action. Così, fra un inseguimento e una sparatoria, il nostro scopre che la figlia Jane (Taylour Paige), un’avvocata di Los Angeles, è stata coinvolta in un caso di difesa che l’ha messa in serio pericolo, al punto di decidere di tornare nuovamente a Beverly Hills per cercare di far chiarezza sulla situazione.

Come avvenuto in passato, anche in Beverly Hills Cop: Axel F sarà proprio l’indole ribelle di Axel a spingere in avanti, nel modo più folle e inatteso possibile, gli eventi di un contesto marcio fin nel midollo, smuovendo le acque torbide fino a portare a galla cose su cui nessuno avrebbe mai voluto mettere le mani. Ecco che, da un caso giudiziario come tanti altri, la pellicola diretta da Mark Molloy ci trasporta in un gioco delle maschere, in una danza in cui l’elemento di disturbo e d’imprevedibilità che rappresenta il protagonista farà da legame e congiunzione fra il genere poliziesco tipico degli anni ’80/’90 e le metodologie professionali più recenti. Legami, amicizia, giustizia e corruzione si muovono su una tela in continuo movimento fra sana nostalgia e qualche vezzo tutto contemporaneo.

Fare il poliziotto oggi e prima

Come anticipato, Beverly Hills Cop: Axel F è, ovviamente, un lungometraggio che nel suo porsi al grande pubblico investe parte delle sue energie nell’effetto nostalgia. Come avvenuto anche con altri lavori al cui centro abbiamo visto Eddie Murphy, pure in questo caso la pellicola si spinge a citare, in più occasioni, alcuni dei momenti più famosi della trilogia precedente, incastrandoli ovviamente in un contesto in azione fra presente e passato. Un lavoro del genere, fortunatamente, non prevarica su tutto il resto, facendosi accompagnamento sia silenzioso che, a volte, manifesto, di una storia dai tratti semplici e consapevoli del proprio spettro rievocativo.

Nel ricostruire quello che gli appassionati conoscono molto bene, però, Beverly Hills Cop: Axel F fa anche degli interessanti passi in avanti, specialmente nella scrittura del suo protagonista. La scoperta della sua paternità e il fatto di ritrovarsi a fare i conti con una figlia praticamente adulta ispirerà alcuni spunti emotivi che rinfrescano sicuramente la narrazione da sempre centrale in questi film, superando le barriere di un personaggio inafferrabile, per poi imprimere sul piccolo schermo alcune sue debolezze e limiti emotivi che scoprirete durante la visione.

Non soltanto l’ennesimo caso e le metodologie ribelli di un agente fuori dagli schemi, quindi, ma anche un vero e proprio confronto diretto con un passato che il pubblico non conosce, dando la possibilità di approfondire nuovi lati del carattere di un Axel non più concentrato solo e soltanto su se stesso, ma anche su alcune scelte che lo hanno definito in quanto uomo e soprattutto padre.

Proprio per queste ragioni Beverly Hills Cop: Axel F è anche e soprattutto una storia di legami, prima ancora della componente action e poliziesca più classica e tipica delle pellicole uscite in precedenza. Tutti i protagonisti che conosciamo da una vita sono cresciuti e inevitabilmente cambiati, eppure il trovarli nuovamente insieme suscita sentimenti familiari, per poi incuriosire con una semplicità generale sia tipica di queste storie, che lontana nel tempo, quasi inafferrabile.

Al fianco di Axel e della figlia, non a caso, ritroviamo i volti iconici della saga, con il Sergente John Taggart (interpretato da John Ashton), qui tornato dopo un breve periodo di pensionamento e William 'Billy' Rosewood (Judge Reinhold). Quando sono in scena insieme non sembra trascorso troppo tempo dai primi film, anche se i loro volti sono segnati e differenti, è proprio nella scrittura citazionista che affiora tutta la nostalgia e la voglia di “reunion” che la quarta pellicola inevitabilmente ispira.

Certo, se siete alla ricerca di un film dall’anima complessa, questo non fa assolutamente per voi. All’ombra dei vari rimandi al passato e di alcuni momenti esilaranti odierni, resta preponderante una scrittura estremamente semplice e prevedibile nel suo incedere, capace di coinvolgere più per le trovate momentanee di alcune sequenze specifiche che non per il “mistero” di fondo in sé. La prevedibilità la fa quindi da padrona, anche se in questa dimorano alcuni momenti che si rivolgono, ovviamente, a una specifica fetta di pubblico capace di trovarci ricordi e spunti di divertimento.

In collaborazione con CulturaPop

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