“L’ambigua avventura” di Laetitia Ky: sabato l’inaugurazione della mostra a Casa Masaccio

“l’ambigua avventura” di laetitia ky: sabato l’inaugurazione della mostra a casa masaccio

“L’ambigua avventura” di Laetitia Ky: sabato l’inaugurazione della mostra a Casa Masaccio

Arezzo, 2 luglio 2024 – Casa Masaccio | Centro per l'Arte Contemporanea, presenta “L’ambigua avventura”, una mostra personale di Laetitia Ky sulle “sculture capillari” e dedicata all’empowerment femminile nel sistema dell’arte e nella società, a cura di Alessandro Romanini e in collaborazione con la LIS10 Gallery Arezzo – Parigi.

L’opening della mostra è previsto sabato 6 luglio alle ore 18:30 a Casa Masaccio | Centro per l'Arte Contemporanea. L’inaugurazione sarà preceduta da due momenti con l’artista Laetitia Ky: alle ore 16:00 presso il Giardino – Casa Masaccio ci sarà un Workshop – performance dal titolo Empow’Hair: Tessiture di Identità attraverso cui Laetitia Ky svilupperà alcuni lavori legati alla “scultura capillare”, condividendone la tecnica e il processo creativo.

Alle ore 17:30 a Palazzo D’Arnolfo sarà la volta dell’Art Talk Empow’Hair: Tra radici culturali e identità contemporanea con la partecipazione del curatore Alessandro Romanini, Laetitia Ky, Justin Randolph Thompson. L’artista ivoriana Laetitia Ky (Abidjan 1996), da molti anni sviluppa un’attività artistica assolutamente originale, che incrocia la dimensione espressiva con quella dell’impegno civile e politico in senso lato e dal punto di vista tecnico, unisce in maniera sinergica diverse discipline artistiche, dalla fotografia alla pittura, dalla scultura alla performance, dal videomaking al cinema.

In particolare ha sviluppato una ricerca teorica e tecnica relativa alle cosiddette “sculture capillari”, in cui l’acconciatura, segno distintivo e identitario, linguaggio non verbale nel continente africano, diventa strumento di rivendicazione identitaria e di genere.

Nonostante la sua attività l’abbia condotta nel giro di pochi anni a una frenetica attività internazionale, come dimostrano i recenti eventi espositivi, dalla Biennale di Venezia del 2022, targata Cecilia Alemani, in cui rappresentava il suo paese la Côte d’Ivoire nel padiglione nazionale, il Musée des Art Decoratifs di Parigi, Il Musée des Beaux Art di Caen, al Kunstmuseum di Wolfsburg per citarne alcuni, e gli impegni seminariali e i workshop come quelli tenuti alla Tate Modern di Londra con il curatore Osei Bonsu, la “Ted Conference” tenuta ad Atlanta, “Based “a Istanbul ecc..senza dimenticare l’Orso d’Argento al Festival del Cinema di Berlino, per l’interpretazione come protagonista femminile del film “Disco Boy”, non ha mai dimenticato il suo stretto rapporto con la Toscana.

Rapporto nato molti anni fa, prima per una passione trasmessole dalla madre, (la sorella minore si chiama Florence, in onore al capoluogo della regione) e in seguito con gli studi e le ricerche connesse al Rinascimento e all’architettura, per poi culminare con le sue ricerche tecniche e stilistiche che l’hanno condotta ad indagare la scultura nei territori di Carrara (dove ha realizzato una campagna fotografica legata alle cave, alla storia e all’artigianato), a Pietrasanta dove ha visitato e lavorato con le fonderie e i laboratori locali, ad Arezzo per il legame con il Vasari e le sue “Vite” oltre che con Masaccio e la sua “Madonna del Solletico” in particolare.

Nel 2022 ha ricevuto il prestigioso riconoscimento del Pegaso d’Argento dalle mani del Presidente del Consiglio Regionale della Toscana Antonio Mazzeo, in occasione della settimana della Toscana delle Donne, per il suo impegno per i diritti civili in generale e quelli femminili in particolare, nell’ambito della sua attività artistica.

Per il 2024, in considerazione di questo stretto rapporto con il territorio toscano e la sua storia e la coerenza con la propria ricerca poetica-identitaria e l’impegno politico in senso lato, ha concepito una mostra per Casa Masaccio che traduce in forma visiva una serie di riflessioni di varia natura ma interconnesse; “L’ambigua Avventura”, ispirata dal saggio omonimo di Cheik Hamidou Kane (1961); in questo contesto si intersecano in maniera sinergica una riflessione legata alla natura identitaria “Black”, alle sue conseguenze sociali e alla duplicità connessa alla dialettica fra radici culturali e quelle coloniali a cui si aggiunge una riflessione connessa al genere e alle discriminazioni tutt’oggi in atto e non ultima una riflessione sul genius loci della Toscana.

Tutto questo complesso concettuale viene coordinato da una riflessione legata allo sguardo, alla visione e in ultima analisi alla rappresentazione. Da secoli la visione dell’Africa e dei suoi abitanti è stata rappresentata da un punto di vista eurocentrico e sia il percorso artistico che l’evento espositivo in particolare, vertono sulla sperimentazione, riscrittura di nuovi parametri di auto-rappresentazione, per affrancarsi da un’accezione etno-antropologica che sin dai tempi di Hegel e delle affermazioni pubblicate su Filosofia della Storia (1821-1831) sono invalse in Occidente.

L’artista ivoriana sin da giovanissima età, durante i suoi studi liceali di storia è stata colpita dalla precoce abolizione in Toscana della pena di morte e della tortura ad opera dell’allora Granduca di Toscana Pietro Leopoldo nel 1786.

Allo stesso modo ha trovato ispirazione in figure femminili toscane, tra le quali indica la fiorentina Carla Lonzi (1931 – 1982), attivista, saggista, critica d’arte e teorica dell’autocoscienza e del femminismo, tra le fondatrici delle edizioni Rivolta Femminile nei primi anni Settanta. Tra queste figure toscane spicca Plautilla Nelli (1524 – 1588) che prese i voti a soli 14 anni per volontà della famiglia, senza mai cessare di seguire la sua vera passione, la pittura, tanto da essere ricordata come la prima pittrice fiorentina della storia (suoi dipinti sono conservati anche al Museo di San Marco e nel refettorio di Santa Maria Novella).

Di Anna Maria Luisa de’ Medici (1677-1743) apprezza la volontà di proteggere e garantire la pubblica fruizione del patrimonio artistico, come dimostrò siglando prima di morire il Patto di Famiglia, che vietava a chiunque di portar via dalla capitale e dallo Stato del Granducato “Quadri, statue, gallerie, biblioteche ed altre cose preziose…” permettendo a Firenze di mantenere il suo inestimabile patrimonio artistico.

Tra le figure femminili più vicine a noi in ordine di tempo, ricorda Oriana Fallaci (1929-2006), voce e penna fuori dal coro, scrittrice e attivista e Margherita Hack (1922-2013), grande studiosa e icona del pensiero libero e dell’anticonformismo. Come viene illustrato dalla mostra concepita, Laetitia Ky ha sviluppato da molto tempo un lavoro di analisi e di rielaborazione sul concetto di archivio; un lavoro iniziato con la scoperta di un deposito con fotografie del periodo precoloniale in Côte d’Ivoire e nel resto del continente che ritraevano donne africane con le loro acconciature.

Le acconciature nella maggior parte dei paesi africani rappresentano un vero e proprio linguaggio non verbale, che permettono all’osservatore di comprendere l’etnia di appartenenza della donna, il suo status sociale, lo stato civile, il lavoro svolto ecc.. Partendo da questo giacimento iconografico l’artista ha maturato un senso di orgoglio di appartenenza e ha strutturato una strategia tesa allo stesso tempo al recupero e alla valorizzazione delle radici identitarie e il loro corretto evolversi all’interno di un contesto globalizzato come quello attuale.

L’artista ivoriana ha sviluppato un lavoro legato alla “scultura capillare”, dove le acconciature, vengono modellate per costruire specifici messaggi basati sui linguaggi non-verbali, accompagnate da posture – spesso elementi desunti dalla sintassi della body art e della performance – con accenni alla tradizione della ritrattistica europea. La fotografia diventa elemento di supporto alla performance e la scultura realizzata con i capelli, si avvale di elementi metallici per sostenere le acconciature (in origine era il fango) per dar vita a un vero e proprio elemento di elaborazione plastica.

Attraverso le sue opere l’artista ivoriana rivendica allo stesso tempo l’orgoglio della “black beauty” che le ha fatto guadagnare una vasta audience legata ai social network (che nell’ambito della sua strategia espressiva diventano tribuna e pulpito di divulgazione e condivisione) e una self-confidence per le donne, che in molti paesi africani – e non solo – ancora oggi stentano ad ottenere la parità dei diritti.

La mostra è composta da fotografie di vario formato, che sono la risultante di altrettante performance di scultura capillifera, da alcuni recenti dipinti e sculture. Le fotografie, alcune delle quali concepite appositamente per l’occasione verteranno in linea con la sua ricerca espressiva su temi relativi all’autorappresentazione, alla valorizzazione della “black beauty” e alla rivendicazione dei diritti di genere.

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