La direttiva europea sulle case green: opportunità e sfide concrete. L’analisi di EY
La direttiva europea sulle case green: opportunità e sfide concrete. L’analisi di EY
di Riccardo Giovannini (Partner - EY Sustainability)
Una normativa europea di recente emanazione che sta suscitando un certo dibattito è quella nota come EPDB (European performance of building directive) che ha lo scopo di ridurre progressivamente le emissioni di gas ad effetto serra ed i consumi energetici nell’edilizia entro il 2030.
Il dibattito si è acceso su un piano essenzialmente politico in relazione ai numerosi impegni che questo comporta per i proprietari di edilizia innanzitutto residenziale e per il trattamento apparentemente non equilibrato fra aree con condizioni climatiche ed esigenze diverse.
In realtà sono state definite numerose precisazioni ed esclusioni che rendono il quadro più definito e chiaro rispetto alle iniziali impressioni; gli Stati membri infatti possono adattare o escludere i requisiti richiesti dalle nuove disposizioni al ricorrere di alcune specifiche condizioni.
Va comunque sottolineato che questo provvedimento contribuirà a ridurre fortemente i consumi di energia per riscaldamento e raffrescamento degli edifici e conseguentemente le emissioni di CO2, tema estremamente rilevante considerato che nell’Unione Europea gli edifici rappresentano il 40% dei consumi finali di energia e il 36% delle emissioni di gas serra prodotte dall’uso dell’energia, così come la stessa direttiva ci sottolinea.
Gli interventi che possono essere realizzati per contribuire alla riduzione del consumo di energia spaziano su vari livelli e possono riguardare:
il rivestimento di ciascun edificio o locale attraverso la realizzazione di cappotti termici. Interventi di questo tipo permettono la realizzazione di risparmi che consentono di recuperare l’investimento (tempo di ritorno) nell’arco di 4-6 anni;
il cambio degli infissi, fonte di importanti dispersioni, con modelli ad alta efficienza; questi interventi sono molto specialistici e hanno un costo relativamente elevato; tuttavia se realizzati unitamente ai cappotti termici consentono un tempo di ritorno complessivo in un arco di tempo di circa 10 anni;
la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore elettriche; i risparmi generabili con questo intervento consentono di recuperare l’investimento in 5-6 anni e possono ulteriormente ridursi se combinati con gli altri interventi.
E questi sono solo alcuni degli interventi possibili. Con assetti e tempi di ritorno assimilabili si possono annoverare anche gli investimenti in pannelli fotovoltaici piuttosto che la realizzazione di impianti di riscaldamento a pavimento.
Se le normative in molti casi sembrano inserire vincoli che non semplificano la vita dei cittadini o degli operatori economici, in questo caso va sottolineato come si riuscirebbe a raggiungere un obiettivo di riduzione di impatto ambientale molto rilevante e nel contempo un effetto positivo sul piano sociale, ossia sull’occupazione. Infatti, la progressiva realizzazione di questi investimenti produrrà lo sviluppo di nuove competenze e profili professionali e, grazie all’elevato numero di interventi che saranno attuati, lo sviluppo e il consolidamento di altre già esistenti.
Una sfida a tutto ciò potrebbe essere data dalle limitate disponibilità di risorse finanziarie da parte dei proprietari di case e appartamenti; in realtà questa è probabilmente un’ulteriore opportunità, e non un vincolo, a vantaggio, da un lato, del settore finanziario che potrà trarre un importante beneficio nel supportare i proprietari e, dall’altro, per questi ultimi che potranno riuscire effettivamente a realizzare gli investimenti. Come evidenziato, alcune tipologie di interventi hanno dei tempi di rientro relativamente bassi a fronte della vita utile molto più lunga di un immobile. Dunque l’investimento potrebbe essere agevolmente finanziato attraverso i risparmi di costi di energia conseguibili nei primi anni attraverso le opere di efficientamento in oggetto. Questo renderebbe quindi attuabile un approccio simile al sistema delle Energy Saving company che era stato immaginato alcuni anni fa anche per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici
Siamo davanti a un cambiamento importante da un punto di vista ambientale, occupazionale e infrastrutturale in relazione al rinnovamento delle strutture residenziali; lasciando da parte eventuali critiche e guardando alle opportunità, i benefici concreti che questa transizione energetica potrebbe generare avranno degli impatti positivi per l’ambiente, l’economia e le persone.