Bimba di 10 anni entra a scuola con il niqab, la maestra le fa scoprire il volto: il caso a Pordenone

bimba di 10 anni entra a scuola con il niqab, la maestra le fa scoprire il volto: il caso a pordenone

Bimba di 10 anni entra a scuola con il niqab, la maestra glielo fa togliere: il caso a Pordenone

La vicenda è praticamente durata solo un giorno. La bambina, di dieci anni, immigrata di seconda generazione, è arrivata a scuola vestita con il niqab, grande velo di colore scuro che copre il corpo della donna lasciando soltanto una fessura per gli occhi. La maestra ha chiesto che la piccola tornasse in classe a volto scoperto, come di fatto è poi avvenuto. Come riporta il Messaggero Veneto oggi in edicola a scuola saranno svolti accertamenti sul caso e sono stati informati i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi della città che da anni lavorano per l’integrazione dei bambini e per il rispetto dei diritti dell’infanzia. La comunità islamica pordenonese ha accolto con scetticismo e preoccupazione la notizia.

 

La mamma ha accolto l’invito

Sono in corso verifiche sul caso della bambina di quarta elementare di Pordenone. Da quanto si è appreso, la vicenda è stata rilanciata dai social, ma non c’erano state segnalazioni ufficiali in quanto la mediazione della maestra aveva già risolto in caso: quest’ultima aveva spiegato alla mamma dell’alunna che la piccola non sarebbe potuta entrare in aula con quel tipo di copricapo. I genitori non hanno eccepito e la scolara ha potuto frequentare normalmente le lezioni coi compagni, che conosce da molti anni. Considerata la vasta eco del caso, i dirigenti degli istituti comprensivi della città di Pordenone hanno comunque chiesto agli insegnanti un report.

 

Comune Pordenone: «Si accerti l’accaduto»

«Abbiamo contattato telefonicamente i dirigenti scolastici degli Istituti comprensivi della città e nessuno ha riferito di essere a conoscenza della vicenda: per questo manderemo una lettera ufficiale affinchè si accerti l’accaduto». Lo ha detto, all’ANSA, il vice sindaco di Pordenone, Alberto Parigi, nella sua veste di assessore all’istruzione, in merito alla bambina di quarta elementare che si sarebbe recata a scuola con il niqab. «Forse la maestra non voleva comunicarlo per le vie istituzionali, avendo risolto personalmente la vicenda, ma resta l’episodio da verificare in tutti i suoi contorni, anche per un eventuale coinvolgimento dei Servizi sociali».

 

Comunità musulmana: «Forse un malinteso»

«Stiamo parlando di un caso che sembra non esistere, frutto forse di un malinteso. Abbiamo letto di questa bimba che aveva il volto coperto a scuola, ma che la situazione si è risolta in pochi minuti. Non abbiamo commenti da fare anche perché la nostra religione ci rammenta che quel tipo di copricapo va indossato solo quando si è più grandi di età. Dunque, usarlo, in generale, non soltanto a scuola, per una bimba così piccola, era forse frutto di un errore di interpretazione dei genitori». Lo hanno detto alcuni esponenti della comunità islamica di Pordenone sul caso dell’alunna di quarta elementare che era stata accompagnata a scuola con un velo che le copriva il volto, lasciandole scoperti solo gli occhi. L’imam della zona è andato via e si è in attesa del nuovo imam, che dovrebbe arrivare a breve. «Non conosciamo alcun dettaglio della vicenda – hanno aggiunto – Siamo stupiti che si dia così tanta eco a un caso risolto con saggezza dalla stessa maestra. Quanto alla nostra comunità, ci apprestiamo a festeggiare il mese del Ramadan in grande serenità».

 

Senatore Lega: «Fatto inaccettabile»

«Il caso di una bambina di 10 anni che si è presentata con il niqab a scuola a Pordenone è un fatto inaccettabile. Obbligare una bambina di 10 anni ad andare a scuola con l’intero volto coperto, tranne gli occhi, contravviene alle più basilari regole del vivere comune, dei diritti fondamentali dei bambini e dell’identità femminile. Una cosa è la libertà religiosa, un’altra invece è il fondamentalismo religioso imposto su bambine innocenti». Lo scrive in una nota il senatore e segretario della Lega Fvg Marco Dreosto, denunciando il caso verificatosi in Friuli Venezia Giulia. «Dopo questo e altri casi, penso sia arrivato il momento che anche l’Italia prenda iniziative per vietare il niqab a scuola e nei luoghi pubblici, per il rispetto dei diritti delle donne e per la sicurezza pubblica. Ricordo come Francia e Belgio abbiano vietato il niqab nei luoghi pubblici e anche l’Egitto, paese mussulmano, ne abbia vietato l’uso a scuola. Presenterò un’iniziativa in Parlamento in questo senso il prima possibile», conclude il comunicato.

 

Caterina Conti (Pd): «Nascondere il volto toglie dignità»

«Nascondere il volto delle donne, fin da bambine, significa togliere loro la dignità di persone, renderle ‘cose’ sottomesse alla potestà degli uomini. Ci sono acquisizioni di diritti femminili che non possono essere messe in discussione. Si può ragionare su leggi che facciano chiarezza su fenomeni nuovi e in espansione, ma prioritario è il lavoro da fare sull’integrazione contro qualsiasi ghettizzazione, dove attecchisce l’integralismo». Lo afferma la segretaria regionale del Pd, Caterina Conti, in merito a quanto avvenuto in una scuola elementare di Pordenone, dove una bambina di 10 anni si è presentata in classe indossando il niqab. «Il velo integrale su una bambina di dieci anni è semplicemente inconcepibile – ha aggiunto il segretario provinciale del Pd di Pordenone, Fausto Tomasello – ma in particolare a scuola è inaccettabile e la maestra è intervenuta correttamente con la famiglia. Esprimiamo forte preoccupazione per un episodio che rappresenta una discriminazione di genere e un rischio per il benessere psicologico e fisico delle bambine. La velatura delle bambine non c’entra nulla con la religione, è un atto di indottrinamento e di controllo, limitando la loro possibilità di una partecipazione paritaria alla vita sociale». «Nelle scuole pubbliche italiane – ha concluso Tomasello – tutti i bambini devono avere le stesse possibilità di crescere e svilupparsi liberamente senza subire pressioni ideologiche o pseudoreligiose, garantendo loro un ambiente sicuro e inclusivo».

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